Demonheart: recensione

Oggi tratteremo di una visual novel che in un certo senso decostruisce le store romantiche stile otome.

Partiamo subito dal presupposto che Demonheart è un gioco dark fantasy, quindi con tematiche molto cupe: avremmo omicidi, sangue, budella, follia e demoni. Quest’ultimi in particolare sono il vero fulcro della storia.

La visual novel è un retelling di una prima versione, costruita con il motore grafico Aurora Engine, che utilizza i moduli di Neverwinter Nights. Da quel che ho visto, questa versione precedente era più cruda, con una scena di violenza sessuale inevitabile. Per fortuna, con questa nuova riscrittura della storia, oltre ad essere state corrette alcune cose, ha dato una nuova linfa alla narrazione.

Una curiosità è che mentre questo gioco è a tutti gli effetti un’avventura grafica, il sequel ha caratteristiche più RPG, con uno stile molto simile a quello di Pillars of Eternity.

Ma di cosa parla Demonheart? Bright, la nostra protagonista, viene scelta, assieme ad altri concorrenti, dalla maga Orchid per diventare sua assistente. Dopo varie prove di selezionamento, Orchid sceglierà la protagonista e quest’ultima verrà catapultata in un guaio terribile: la sua maestra muore misteriosamente e lei verrà incolpata del suo omicidio. La nostra protagonista non sarà sola, perché una potente presenza demoniaca si interessa alle sue attività e la sua voce le entra nella mente nei momenti più inappropriati.

Ci sono anche altri personaggi, come Sir Brash, cavaliere malvagio con un debole per Bright, e Ari, strega apprendista sedotta da cattive influenze.

Iniziamo dal presupposto che quasi tutti i personaggi della storia sono volontariamente fuori di testa, l’unico essere che si salva è il gatto di Orchid. Sembra che l’autrice voglia mostrare cosa significhi realmente mettersi con una personalità malvagia o comunque instabile, distrugge il romanticismo per mostrare quel che è in realtà: una relazione tossica.

Aggiungendo che siamo in una società simil medioevale, quindi con morali differenti dalle nostre.

I personaggi sono ben costruiti. Parlando della protagonista, vi è un sistema di moralità che indica la personalità di Bright: buona/diplomatica, malvagia/diplomatica, buona/insolente e malvagia/insolente. Tale sistema l’abbiamo trovato troppo semplicistico, però è carino vedere come il ritratto di Bright cambi.

Sir Brash è un individuo che più che malvagio è disturbato e per fortuna c’è una motivazione per questo suo comportamento. Brash è un uomo che non sa rapportarsi con gli altri ed è costantemente aggressivo, in un certo senso ricorda Sandor del Trono di Spade: una persona traumatizzata dal mondo, che però può ritrovare un po’ di bontà se vuole.

Poi c’è Raze, un mezzo demone mellifluo, carismatico e seducente. Accompagnerà Bright per tutto il viaggio, sviluppando per lei un’insana ossessione. A mio parere, Raze mescola il suo bisogno d’amore, soprattutto materno, con le passioni sessuali. Bright è quindi un surrogato sia della madre che non ha mai conosciuto, sia della compagna che desidererebbe. Lui soffre per eccellenza del complesso di Edipo.

Ari è una ragazza dolce, vittima di violenza psicologica dalla sua mentore e amante. Nonostante sembri l’opzione romantica più “sana”, ha dei momenti disturbanti anche lei, come quando mostra fascino per l’inferno oppure che sia ancora innamorata della sua maestra, nonostante gli abusi subiti.

La grafica è meravigliosa e facciamo i nostri complimenti a chi l’ha disegnata e progettata. Abbiamo apprezzato l’introduzione dei Demonheart, una specie di Highlander ma con sangue demoniaco. A differenza dei mezzidemoni, che sono immortali sotto tutti i punti di vista, i Demonheart hanno un fattore rigenerante spaventoso (potrebbero far compagnia a Deadpool) e il loro invecchiamento rallenta. Purtroppo ci sono tre controindicazioni: la prima che possono essere uccisi  dal fuoco o da altri Demonheart, infatti quest’ultimi possono assorbire i poterei dei loro simili mangiandone il cuore. La seconda è che comunque sentono dolore, sebbene abbiano un’alta resistenza. Terzo problema è la sterilità, cosa che li accomuna ai mezzi demoni.

Ma come si diventa un cuore di demone? Si divora carne demoniaca o il cuore di un altro Demonheart.

La trama presenta diversi colpi di scena e non aspettatevi momenti dolci: ogni volta che abbasserete la guardia ci sarà un tradimento o un morto. In un certo senso si avvicinerebbe alle atmosfere de Il Trono di Spade oppure The Witcher.

Come detto in precedenza, in questo gioco le storie d’amore nascono per essere malate o problematiche, non aspettatevi il romanticismo tipico di chi “normalizza” gli antagonisti. Ci saranno scene forti, manipolazione affettiva e altro.

Ora passiamo ai lati negativi: la traduzione italiana. È quasi perfetta, ma perché non tradurre “Demonspawn” in prole infernale o prole demoniaca e “Demonheart” in cuore di demone o cuore demoniaco? L’hanno fatto in Dragon Age, non vediamo perché non possano farlo anche qui.

Inoltre penso che lo sviluppo caratteriale del personaggio di Sir Brash sia troppo breve, per dire avremmo preferito allungare un po’ la storia per mostrare i suoi sentimenti contrastanti verso Bright.

Nonostante ciò, Demonheart è una visual novel che consigliamo, soprattutto per gli vuole rompere lo stereotipo del ragazzo cattivo presente negli otome e vedere anche atmosfere cupe e fantastiche.

Debora Parisi

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