Beholder: recensione

Se siete amanti del distopico, questa piccola perla  videoludica vi piacerà di sicuro!

Ispirato all’atmosfera soffocante e disturbata di 1984, Beholder ci catapulterà in un paese governato da un regime totalitario, dove un sistema simile al “Grande Fratello” viola la privacy del cittadini, affinché il governo abbia maggiore controllo sulla popolazione. Noi impersoneremo un impiegato che si trasferisce in un condominio assieme la sua famiglia. La sua mansione sarà molto semplice: spiare i vicini e riferire alla polizia qualsiasi azione illecita essi compiano, che sia solo possedere una mela (già, nel gioco le mele potranno essere illegali tanto quanto la cocaina) che collaborare con i ribelli. Saremo noi giocatori a scegliere il destino del nostro protagonista, assieme alla sua famiglia.

La meccanica di gioco non è affatto semplice: spesso dovremmo affrontare situazioni difficili e compiere azioni immorali per sopravvivere. Giocare la partita da “sempre buono” ti condurrà direttamente alla perdita del lavoro con conseguenze terribili. Ad esempio, saremo costretti a compiere scelte molto dure, come incolpare innocenti, per permettere le cure mediche a nostra figlia.

Beholder, come altri videogiochi di gestione, ci insegna che amministrare non è facile, soprattutto se si vuole anche fare del bene, ascoltando la propria coscienza. Potremmo scegliere se stare col governo o coi ribelli o fare il doppio gioco sia con una fazione che con l’altra. Ricordatevi che ogni scelta avrà una conseguenza sulla trama.

I personaggi sono delle ombre, quasi a sottolineare come piccole siano le loro vite in mano al governo, ma la loro figura rende meglio lo stato psicologico dei cittadini. Ognuno ha una sua storia ed una personalità: dalla truffatrice alla donna abusata, dal tranquillo dottore pasciuto al marinaio losco.

Piccola nota: in questi mesi è uscito il seguito, per chi avesse già giocato a Beholder e al suo DLC. Questa volta entreremo nella sede del potere.

In conclusione, Beholder rispolvera le atmosfere dei classici distopici, facendoci vivere in un’atmosfera opprimente e claustrofobica, ponendoci davanti a scelte davvero difficili. Riusciremo a sopravvivere a ciò?

 

Debora Parisi

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