50 sfumature di caffè: intervista esclusiva a Silvia Casini

«Il caffè è un piacere», diceva Nino Manfredi in un noto spot. Di più: è la coccola quando ci sentiamo scarichi, il rito per cominciare bene la giornata, il simbolo dello stare insieme.

Per questo motivo abbiamo intervistato Silvia Casini, che assieme a Raffaella Fenoglio e a Francesco Pasqua, ha dato vita a un manuale culturale e cine-gastronomico incentrato sul caffè, ovvero 50 sfumature di caffè (Sonda edizioni).

Perché questo titolo… ovvero 50 sfumature di caffè?

L’aggancio è ovviamente Cinquanta sfumature di grigio. Perché? Innanzitutto, le riprese della pellicola con Jamie Dornan e Dakota Johnson iniziarono proprio con una scena in un bar a Vancouver. Ma al di là di ciò, il caffè è un’ottima scusa per il primo incontro. Ha un valore sociale e psicologico importante, la tazzina al bar o al cafè è una zona franca: permette di conoscere l’altro, senza esporsi. Nel libro, poi, abbiamo preso i esame 50 film in cui l’oro nero ha dato il meglio di sé arricchendo intere.

Preparato con la moka, con la «napoletana» o preso al bar come espresso, ristretto, lungo, macchiato o corretto, il caffè accompagna le giornate di ognuno di noi da non si sa più quanto tempo. Tanto da essere diventato un fenomeno non solo gastronomico quanto soprattutto culturale. Non c’è forma d’arte, infatti, che non ne sia rimasta sedotta. Pittori, scrittori, musicisti… quanti di loro hanno ceduto davanti alle lusinghe di un buon caffè prima, durante e dopo il momento creativo?

Il rapporto tra caffè e cinema, in particolare, somiglia molto a quelle relazioni di vecchia data, dotate di grande complicità, in grado di regalarci indimenticabili momenti cult. I motivi di questo sodalizio?

Chissà, forse perché il cinema nel suo rincorrere la verosimiglianza s’imbatte spesso nel racconto della routine quotidiana, quella fatta di piccole e grandi abitudini dove il caffè regna sovrano. Insomma, il caffè racconta. Racconta luoghi, personaggi, magnifica situazioni e stati d’animo. Stesso discorso, ovviamente, vale anche per la tv.

Quante serie televisive, sia odierne che del passato, utilizzano le caffetterie come luoghi di ritrovo tra i vari personaggi? Sarebbe impossibile farne un elenco. E questo perché basta anche una semplice tazza di caffè per dar vita a un mondo fatto di confidenze, pettegolezzi e, perché no, anche d’intrigo e mistero.

Che differenze ci sono tra le scene madri in cui il caffè è protagonista nei film italiani e americani?

un dovuto distinguo tra il mondo cine-televisivo «made in usa» e quello nostrano occorre farlo quando si parla di caffè. Un distinguo squisitamente culturale. Per gli statunitensi, infatti, il caffè non sempre è associato alla ritualità, anzi talvolta sfocia nello scontato.

In buona sostanza, il caffè negli usa non è quasi mai quello della moka, della gestualità nella preparazione, bensì quello delle brocche ribollenti di liquido nero diluito e solubile. Di solito è quello dei diner, dove quando ti siedi, ti viene portato automaticamente, senza ordinazione.

Oppure quello dei procedural dove il detective di turno, appena giunto sul luogo del delitto, viene accolto dal collega già sul posto col solito bicchierone tenuto in caldo dal coperchio in plastica.

In Italia, il discorso è diverso. Il caffè fa parte del nostro vivere. Non esiste un invito a casa d’altri che non sia accompagnato dall’offerta di una tazzina di caffè; dopo pranzo, a metà pomeriggio. Così come l’abitudine di berlo al mattino, subito dopo svegli, per metterci in moto. Oppure dopo cena, per stare svegli ancora un po’. Il caffè in Italia è anche la scusa per un incontro amoroso.

Ed è proprio per questo che la bevanda nera per eccellenza ha tutto un altro peso all’interno di un film o di una serie televisiva ambientati in Italia. Perché da noi, quello del caffè, è un momento unico, intimo, quasi religioso. Un momento talmente ricco di sfumature da riuscire a cambiare il senso di una scena come il corso di un intero film col semplice tintinnio del cucchiaino nella tazzina.

In buona sostanza, il caffè (sul grande e piccolo schermo) viene utilizzato come scusa, per sedurre, commettere omicidi, prendersi una pausa dalla vita frenetica. Proprio come nella vita reale.

Il caffè più antico d’Italia?

Il Caffè Florian nasce a Venezia nel 1720. È il caffè più antico del mondo situato sotto i portici di Piazza San Marco.

 

Che percorsi culturali ci sono nel libro?

Tantissimi! Il libro è diviso in 4 parti. Nella prima potrete scoprire 50 pillole di storia sull’oro nero, le leggende associate al caffè e svariate curiosità. Potrete andare in giro per il mondo in 50 paesi e scoprire i caffè più rinomati, troverete persino 50 modi di ordinare il caffè grazie all’intervista che ho realizzato a Diego Galdino, autore best-seller e barista di giorno. Agli amanti della magia, il capitolo sulla caffeomanzia ovvero la lettura dei fondi del caffè piacerà assai.

Una chicca? Troverete come si dice caffè in tutte le lingue del mondo + una che non è di questo mondo! Non posso dirla per non fare spoiler ovviamente. Troverete 50 aforismi ma anche 50 dipinti dove bere caffè con gli occhi e alla fine persino 50 luoghi storici e/o insospettabili dove assaggiare o annusare il caffè. Il più strano di tutti? Un cimitero a Londra! Ebbene sì… si passeggia tra le tombe degustando caffè.

Nella seconda parte scoprirete 50 ricette, 50 film, 50 libri e 50 canzoni… un mix fantastico legato al caffè.

Nella terza l’intervista alla nutrizionista che vi indicherà vizi e virtù del caffè, l’intervista allo psicologo per scoprire la psicologia dietro una tazzina di caffè, i segreti del commercio equo e solidale, il galateo del caffè, gli aromi del caffè e un simpatico test per scoprire le tipologie dei coffee lover.

Nella quarta, l’oroscopo del caffè, le varie miscele, le emozioni connesse al profumo del caffè, il coffee painting, il caffè nei cartoon, negli anime, il connubio tra caffè e moda e la connessione tra stelle e caffellatte.

 

Samanta Crespi
 
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