Un piccolo favore: recensione

Di tanto in tanto, le piccole periferie americane lontano dai centri urbani, quelle tutte villini e famiglie felici, hanno portato una determinata ispirazione ad un certo cinema a stelle e strisce voglioso di fare il punto su ciò che si nasconde dietro a tale idillio; a questa teoria si accoda ora il Paul Feig de Le amiche della sposa, portando sui grandi schermi un’opera tratta da un romanzo di Darcey Bell datato 2017 e lasciandosi così alle spalle la scottante esperienza del suo Ghostbusters tutto al femminile, operazione che non ha avuto il seguito sperato (cosa inevitabile d’altronde).

Con Un piccolo favore il nostro regista torna sui binari del cinema che gli è più congeniale, quello che scruta nelle vite delle donne e della loro esistenza di madri o mogli che siano, costruendo sulle esili spalle delle sue due protagonista una trama thrilling che non disdegna cadute leggere con battute e qualche gag; a trovarsi in un duro faccia a faccia qua troviamo la Anna Kendrick di Voices – Pitch perfect e la Blake Lively di Paradise Beach – Dentro l’incubo, le quali ricoprono i ruoli di due amiche apparentemente per la pelle alle prese con scottanti rivelazioni e verità scomode.

La vlogger Stephanie Smothers (Kendrick) è una giovane vedova che gestisce un sito dedicato al mondo della cucina, sempre ottimista e sempre vogliosa di fare nuove conoscenze nel microcosmo di periferia dove vive; è così che nella sua vita entra la risoluta Emily Nelson (Lively), una donna della upper class, madre di uno dei compagni di classe del figlio di Stephanie e personalità dal carattere forte, dalle tonalità anche ambigue.

Un giorno Emily sparisce nel nulla, lasciando persa ogni sua traccia e gettando suo marito Sean (Henry Golding) in una grande preoccupazione.

Stephanie, che in quanto a determinatezza non si ferma di fronte a nulla, decide di indagare e scoprire cosa si nasconde, andando così incontro ad una serie di rivelazioni forti e sconvolgenti, atte a mettere in luce chi sia stata veramente Emily.

Voglioso di scrutare nella benpensante America tutta colori e felicità, Feig si giostra con Un piccolo favore nel suo solito modo di fare, assecondando un punto di vista prettamente femminile, sia sul lato estetico che quello ironico del caso (non per nulla, anche lo script qua è ad opera di una donna, Jessica Sharzer); potrebbe anche essere un modo di agire interessante, fatto sta che se da un lato ci troviamo con una storia intrecciata, pregna di dettagli e indizi che portano ad una verità sorprendente (ma neanche tanto), dall’altra ci troviamo l’inserimento di un lato leggero ed ironico fin troppo fuori parte, sfociando verso la fine in un epilogo che sconfina nel demenziale.

La Kendrick e la Lively giocano le loro carte con magnetismo, la prima a suon di simpatico fascino, la seconda a suon di determinatezza fascinosa, uniformando i loro personaggi col fine di trainare l’intera visione di Un piccolo favore, ma in verità senza riuscire in tale obiettivo, non del tutto.

Il film di Feig è un thriller da “casalinghe disperate”, buono per i loro pomeriggi liberi e quindi limitativo nel complesso, prevedibile e con esigenze ironiche inappropriate; evidentemente si voleva fare la versione leggera de L’amore bugiardo con questo prodotto, ma già il titolo di David Fincher bastava come esile (nei risultati, non nella forma) descrizione dell’America ai margini della vita urbana.

Non c’era sicuramente bisogno di un’altra sua controparte più leggera.

Mirko Lomuscio