The lost city: recensione

A suo modo reginetta di un certo cinema leggero degli ultimi anni, al pari di altre sue colleghe come Jennifer Lopez per fare un esempio, Sandra Bullock continua imperterrita nella realizzazione di altre pellicole all’altezza della sua verve ironica, sia in veste di attrice che di produttrice; l’ultima sua fatica a riguardo è questo The lost city, un prodotto che unisce humour, avventura e romanticismo in un’unica sola trama, affiancando alla protagonista di Speed il belloccio Channing Tatum, tentando di costruire di conseguenza un’alchimia possibile per la riuscita del titolo in questione.

Diretto dal duo di fratelli Aaron Nee e Adam Nee, qui al loro primo prodotto di grande richiamo, il film è la storia della scrittrice di romanzi di avventura rosa Loretta Sage (Bullock), una donna di successo che vede però la sua creatività svilita da tale esperienza, credendo di poter dare di più oltre al raccontare semplici storie d’amore tra cacce al tesoro e fughe nella natura selvaggia.

Facendo coppia in questo contesto con il modello Alan (Tatum), il quale dà corpo e immagine al protagonista Dash, avventuriero dei suddetti scritti, Loretta vede sempre più mal associata la sua immagine di donna aperta a qualsiasi conoscenza, sopportando ben poco il proseguo della sua carriera.

Questo fino a quando la donna non viene rapita dal miliardario Abigail Fairfax (Daniel Radcliffe), un rampollo inglese di ricca famiglia intenzionato a recuperare un antico tesoro descritto in uno dei libri della Sage; da qui comincerà una lunga traversata fino alla “città perduta” nei meandri del Sudamerica e l’unica persona in grado di poter salvare Loretta è proprio Alan, il quale non spicca per coraggio ed intelligenza, ma tenterà il tutto e per tutto pur di salvare la sua collega.

Se la trama di questo esile prodotto d’intrattenimento vi riporta alla mente qualcos’altro non sforzatevi più di tanto a ricordare, perché il film dei fratelli Nee altro non è che una sorta di facile rifacimento de All’inseguimento della pietra verde di Robert Zemeckis, opera anni ’80 interpretata da Michael Douglas e Kathleen Turner.

Già su queste premesse la leggerezza del tutto si lascia un po’ perdere, venendo coinvolti da un plot che cerca di essere accattivante quanto basta, almeno sfoggiando una catena di gag all’altezza della situazione; certo il supporto della Bullock e del belloccio Tatum è quello che maggiormente dovrebbe sostenere la visione di The lost city, ma proprio qua casca l’asino, perché entrambi, un po’ per la visibile differenza di età (tra i due passano ben quattordici anni), un po’ per la poca originalità dei loro caratteri, non proprio riescono a dare quel degno contributo alla storia.

Si tenta di alzare le sorti del tutto coinvolgendo un Brad Pitt in versione avventurosa, uomo senza pericolo e dalla filosofia zen, intenzionato a scherzare sulla propria immagine sexy e dividendo la scena con un Tatum in versione “tontolone”, giusto per contribuire al tono leggero del tutto, ma non è che si vola alto con i risultati; abbastanza anonimo il coinvolgimento di un Radcliffe nei panni di villain, ormai lontano anni luce dall’immagine buonista di Harry Potter.

Rimanendo nella media The lost city avanza tra una battuta e l’altra, tra un inseguimento e un pericolo, e conclude senza alcun guizzo di originalità, costruendo su misura dei due protagonisti un plot che potrebbe avanzare in chissà quale franchise di successo e cospargendo il tutto di personaggi secondari soliti nella commedia hollywoodiana (abbiamo la formosa attrice di colore Da’Vine Joy Randolph nei panni dell’amica del cuore della protagonista, nonché suo capo, immagine che ha fatto il suo corso anche in questo tipo di commedie).

Mirko Lomuscio