Ted Bundy – Fascino criminale: recensione

E’ stato uno dei serial killer più efferati e spietati del secolo scorso, avendo ucciso decine di giovani ragazze tra il 1974 e il 1978, una figura inquietante che nel tempo si è rilegato una certa fama, anche dopo la sua morte avvenuta per una condanna sulla sedia elettrica nel 1989; stiamo parlando di Ted Bundy, il solo ed unico, assassino seriale che con la sua faccia da uomo comune seppe nascondere la sua vera anima spietata, dedita agli omicidi più violenti che gli Stati Uniti abbiano mai visto.

Il cinema ha dedicato a questa inquietante figura più di una pellicola, ognuna incentrata su determinate specifiche della vita di Bundy, chi sull’aspetto legale e chi personale, e ad uscirne bene sono soprattutto due opere come il film tv del 1986 Il mostro, con Mark Harmon, e il lungometraggio straight to video del 2002 Ted Bundy, col misconosciuto Michael Reilly Burke.

A questi ora si accoda un nuovo titolo, ispirato direttamente da un libro intitolato The phantom prince: my life with Ted Bundy, ovvero i ricordi di Elizabeth Kendall, la donna che ha convissuto per anni col noto serial killer, all’insaputa degli efferati atti che l’uomo compiva in gran segreto; Ted Bundy – Fascino criminale approda nelle nostre di sale, sfoggiando per protagonista un Zac Efron lontano anni luce dai ruoli disneyani di High school musical e delle commedie dal palato facile (Cattivi vicini 1 e 2, Baywatch), qua preso a ricoprire i panni del noto serial killer, affiancato dalla Lily Collins di Biancaneve e Shadowhunters – Città di ossa, la quale spetta il ruolo della stessa Kendall.

Sotto la regia del Joe Berlinger de Il libro segreto delle streghe: Blair witch 2, qua assistiamo alle vicende anni ’70 legate ai processi svolti nei confronti di Bundy (Efron), un uomo apparentemente comune e felicemente legato alla sua Elizabeth (Collins), accusato di aver compiuto più di un omicidio in giro per gli Stati Uniti.

Verità o no, la donna stenta a credere che lui sia un feroce assassino, ma di processo in processo le prove e le coincidenze non fanno che aumentare e pian piano la verità verrà sempre più a galla , mettendo così a rischio un amore solido come quello tra Ted e Liz, destinato sicuramente a rimanere oscurato da una realtà atroce ed inaspettata.

L’idea era anche interessante, ovvero trovare una visione alternativa legata alla lunga traversia giudiziaria del feroce criminale, ma al di là di questo spunto Ted Bundy – Fascino criminale non ha da mostrare chissà quali altri grandi guizzi, evitando innanzitutto la facoltà di poter far vedere direttamente gli omicidi.

Tutto è suggerito e narrato da un punto di vista meramente pubblico qua, abbracciando la visione della travagliata Kendall, resa da una Collins in parte, che era lontana da ogni atto atroce commesso dal suo uomo; Berlinger ci accompagna nell’amore tra questi due protagonisti, un sentimento sempre onnipresente e minacciato dall’essere separato da un’instabile follia, più volte chiamata a giudizio nei processi qua ricostruiti di minuto in minuto.

E’ innanzitutto un legal movie Ted Bundy – Fascino criminale, un’opera che tende ad assumere questo punto di vista per non spettacolarizzare il vero orrore legato a questa lunga vicenda, ma non è proprio l’approccio adeguato per l’occasione e Berlinger lo sfrutta creando delle probabili ipotesi che diano al Bundy di un minaccioso Efron l’opportunità (inutile) di sembrare innocente.

Quindi, tra un processo e l’altro, più un’apparizione speciale di nomi di un certo calibro come Haley Joel Hosment, Kaya Scodelario, Jim Parsons, Dylan Baker e John Malkovich, ecco che Ted Bundy – Fascino criminale mostra un po’ di punti deboli, come l’eccessiva durata e l’epilogo che porta lo spettatore esattamente verso un nulla di fatto, confermando che magari il film in questione avrebbe potuto trovare una sua degna collocazione se trattato meramente dal punto di vista del serial killer stesso, come già in passato avevano fatto altre decenti opere.

Mirko Lomuscio