Sogno di una notte di mezza età: recensione

Attore tra i più amati della sua natia Francia, Daniel Auteuil è stato anche un regista dalle molteplici esperienze, avendo realizzato fin ad ora almeno tre lungometraggi in questa veste dietro la macchina da presa; alla sua quarta volta il nostro interprete decide di portare al cinema una pièce teatrale di Florian Zeller, A testa in giù, pensando che l’argomento trattato possa rendersi anche utile per un racconto su grande schermo come si deve.

E quando un’opera passa dai palchi alle sale cinematografiche è bene prendere come interpreti i volti giusti per l’occasione, ed Auteuil, oltre ad essere il protagonista del film in questione, si fa affiancare allora dall’amico e collega di sempre Gérard Depardieu, dando vita così a questo canovaccio teatrale in modo degno; titolo dell’opera Sogno di una notte di mezza età, una scelta italiota che guarda gratuitamente a Shakespeare e mette in chiaro ogni intenzione e riferimento che la trama tratta.

 

 

La storia è quella dei due amici e vecchi conoscenti Daniel (Auteuil) e Patrick (Depardieu), ritrovatisi per caso in strada e intenzionati a voler fare una rimpatriata con le proprie consorti al seguito.

Nonostante la moglie del primo, Isabelle (Sandrine Kiberlain), non veda di buon occhio Patrick, perché ex-marito di una sua cara amica, ben presto Daniel riesce ad organizzare una cena proprio a casa sua, anche per scoprire chi sarà la nuova compagna che ha incantato il cuore del suo amico.

Con sorpresa verrà fuori che la nuova fidanzata di Patrick altri non è che la giovane Emma (Adriana Ugarte), una ragazza che avrà almeno la metà dell’età del suo uomo e che risveglia in Daniel una serie di desideri focosi, mettendo veramente a rischio il proprio matrimonio e il suo contatto col mondo reale.

Cosa fare in questi casi? Lasciarsi andare o trattenere i propri istinti?

Per portare un’opera dal teatro al cinema, si sa, tocca avere innanzitutto una buona mano nel dirigere gli attori e rendere accattivante ogni singolo dialogo messo su script (steso da Zeller stesso), facendo valere così la messa in scena e l’argomento che c’è alla base dell’operato principale; Sogno di una notte di mezza età arriva anche a compiere tali gesti professionali, con un Auteuil ispirato sia come interprete che come regista, ma quello che non riesce ben a quadrare è il senso in sé dell’operazione, che non sempre riesce a calibrare ciò che racconta.

In poche parole il film altri non è che una serie di sogni ad occhi aperti del protagonista Daniel, un espediente che all’inizio ha tutta la sua carica ironica, divertendo e regalando momenti esilaranti, ma quando poi il gioco si fa ripetitivo allora da parte dello spettatore c’è anche una certa stanca, senza neanche render conto al fatto che si tratti realtà o immaginazione; e l’opera punta innanzitutto su tutto ciò, uniformando così una morale che ne consegue anche ben volentieri, ma senza lasciare qualcosa di compiuto nel complesso del lavoro svolto.

Di tutti gli interpreti chi ha la maggiore è forse la volenterosa Kiberlain, nei panni della moglie insofferente e anche sospettosa, mentre Auteuil si appoggia sul canovaccio esile della sua caratterizzazione da sognatore incallito e la Ugarte dà quel tocco di sex appeal al suo affascinante personaggio.

Sacrificata la presenza di un Depardieu reso ai minimi termini, in evidente partecipazione perché amico del regista/attore, giusto per dare quel tocco di credibilità sul rapporto confidenziale tra i due protagonisti.

Sogno di una notte di mezza età è una commedia dal sapor leggero, così tanto da rendersi anche sciapa dopotutto, buona per fare quattro risate con dei beniamini del cinema francese, ma giusto se siete estimatori di tale genere.

Mirko Lomuscio