Sconnessi: recensione

Si chiama nomofobia, ovvero la paura di rimanere “sconnessi” dal mondo della comunicazione moderna, che sia la telefonia mobile o un qualsiasi social, un termine che di questi tempi fa molta paura per determinate persone e che potrebbe veramente rappresentare un punto fermo su cui discutere animatamente; discussione che ovviamente non poteva mancare di essere approfondita dal mondo della nostra cinematografia, grazie ad una commedia che potesse focalizzare tale parentesi sociale con una trama all’altezza della situazione.

Ed è da queste premesse che prende vita il qui presente Sconnessi, opera seconda del regista Christian Marazziti, personaggio dalla carriera recitativa variegata, il cui esordio dietro la macchina da presa è avvenuto il 2015 con il titolo E-bola; in questa sua nuova escursione registica si circonda quindi da un cast ben assortito, composto da nomi forti del nostro panorama come Fabrizio Bentivoglio, Ricky Memphis, Carolina Crescentini, Stefano Fresi, Antonia Liskova, Giulia Elettra Gorietti, Eugenio Franceschini e una fugace apparizione di Maurizio Mattioli e Daniela Poggi.

La trama è quella di un misto gruppo di famiglia, capitanato da Ettore (Bentivoglio), scrittore di successo restio nei riguardi del mondo di internet, il quale porta i suoi cari nel suo chalet di montagna disperso tra i monti: tra questi ci sono la giovane neo-moglie Margherita (Crescentini), incinta di nove mesi, e i figli di lui, Claudio (Franceschini) e Giulio (Lorenzo Zurzolo); in più ci sono i fratelli di lei, Achille (Memphis), appena lasciato dalla moglie, e Palmiro (Fresi), personaggio affetto da crisi psicologiche, e la ragazza di Claudio, Tea (Gorietti).

Si uniscono al gruppo la tata ucraina Olga (Liskova) e la figlia di quest’ultima, l’adolescente Stella (Procaroli).

Racchiusi in questa cornice fuori dal mondo, lontano dalla frenesia del caos urbano, loro passeranno un periodo assieme, confrontandosi ben volentieri in scambi d’opinioni, dipendenza da internet permettendo. Ma la situazione però prende una piega decisamente peggiore quando viene a mancare in casa una cosa importante: la linea wi-fi.

Senza di essa questi cominciano a perdere il controllo della situazione, chi dimostrando totale dipendenza ai social e chi invece esibendo l’opposto, sviscerando così una forte crisi umana che mette l’uno contro l’altro persone che hanno bisogno innanzitutto di parlare tra loro, scoprendo verità importanti per la felicità famigliare.

Commedia corale, che punta innanzitutto sull’efficacia della battuta secca di alcuni determinati interpreti, Sconnessi è un lungometraggio che si fa ben vedere per la simpatia del tutto, riuscendo ad accattivare i favori del pubblico con l’utilizzo di un’ironia adeguata e mai fin troppo oltre.

Ironia che viene innanzitutto affidata alla presenza di un Memphis ben carico e ad un Fresi in versione bipolare, entrambi jolly della situazione quando la pellicola ha bisogno di risollevare le proprie sorti, in caso le altre sottotrame non sembrano essere abbastanza (quella tra Bentivoglio e la Crescentini efficace, l’altra tra la Gorietti e Franceschini abbastanza futile, purtroppo inutile quella tra Zurzolo e la Porcaroli).

Alla fine dei fatti poi arriva l’analisi sociale, quella che dovrebbe fare il punto sulla fobia del rimanere fuori dai social e tutto ciò che ne comporta, un punto che Marazziti non intende sicuramente lasciare in disparte e che affronta con dei restanti dieci minuti finali fin troppo sentiti in riguardo.

Ecco, se non fosse per questa chiusa elevatamente ambiziosa, soprattutto a livello estetico (i ralenty enfatici sono troppo per un’opera del genere), Sconnessi sarebbe anche risultato essere un prodotto ironico riuscito in tutto e per tutto.

Comunque sia, è pur sempre di un godibile film che fa pensare quello di cui stiamo parlando.

Mirko Lomuscio