Scappo a casa: recensione

Dopo l’annuncio della loro recente separazione, ma stando ad alcune voci è una cosa solamente temporanea, il trio Aldo, Giovanni e Giacomo ora si rimbocca le maniche e, durante questo periodo riflessivo, tenta una carriera alternativa, fatta anche di film interpretati singolarmente; il riferimento è rivolto al momento al solo Aldo che, col suo bagaglio di caratterizzazioni comiche e con la sua natura siciliana, tenta di fare il colpaccio in sala con un lungometraggio tutto suo, parlando di argomenti drasticamente attuali come i clandestini e il razzismo.

Titolo che nulla lascia all’immaginazione, Scappo a casa è la tragicomica storia di un incallito seduttore, cinico e poco incline all’avvicinamento degli extracomunitari, protagonista di un plot che fa molto cinema alla Checco Zalone e personaggio estremizzato che il buon Aldo Baglio sente di poter ricreare, rendendolo una macchietta odierna della mentalità salviniana di oggi; dietro al timone di regia troviamo l’Enrico Lando del dittico cinematografico ispirato a I soliti idioti.

Lui è Michele (Baglio), un meccanico di mezza età che non intende mettere la testa a posto, passando gran parte della sua esistenza tra donne e motori, ma allo stesso tempo tenendo alla larga dalla sua esistenza gente di colore e stranieri di ogni dove.

Quando però un giorno il dongiovanni si dirige a Budapest per potersi sollazzare con i piaceri della vita, ecco che lui diviene lo straniero e, senza documenti e senza macchina, deve fare il tutto e per tutto per poter tornare a casa, in Italia.

L’unico piano di fuga è quello di seguire il medico africano Mugambi (Jacky Ido), un uomo all’inseguimento di un tesoro, e standogli dietro Michele potrà così trovare la via di salvezza verso casa sua; ma durante questo tragitto ci sarà anche modo di scoprire cose di se stessi che neanche si era a conoscenza.

Vero è che il cinema di Aldo, Giovanni e Giacomo ormai era arrivato ad un punto morto, stando a ciò che si è potuti assistere con un’opera “riciclata” come Fuga da Reuma Park; ma se in tre non c’è modo di trovare una vera ispirazione, cosa ha lasciato pensare che da soli si poteva invece fare l’opposto?

Aldo forse credeva di sì, gettandosi in un’avventura dal sapore zaloniano e trattando il tema del razzismo con un certo pizzico di humour “nero”, ricalcando però di filo e per segno una struttura memore del Contromano diretto ed interpretato da Antonio Albanese nel 2018.

Insomma con Scappo a casa si voleva far ridere e pensare, ma per come le cose sono messe di minuto in minuto qua non si riesce a fare ne l’uno, ne l’altro; l’opera di Lando non ha proprio senso dello sviluppo e della struttura ragionata, ogni cosa è gettata alle ortiche, che sia la caratterizzazione estremizzata dell’imparruccato Michele di Aldo, che a conti fatti non porta nulla all’intera trama del film, oppure le storie riguardanti il comparto formato dal gruppo di extracomunitari (oltre a Ido, tra gli altri anche Fatou N’Diaye, Awa Ly e Thierno Thiam).

Tutto sa d’improvvisato in Scappo a casa, dalla regia alla scrittura (stesa da Aldo stesso assieme a Valerio Bariletti e Morgan Bertacca), fino alla partecipazione speciale di una Angela Finocchiaro in una inutile versione di poliziotta nord europea; forse voleva (e poteva) essere una sorta di Green book italiano, stando alle tematiche e alla voglia di voler livellare risate e antirazzismo, ma questo esordio solista di Aldo purtroppo è un fiacco prodotto privo di ogni principio di esistere.

Mirko Lomuscio