Quanto basta: recensione

Al cinema l’argomento handicap ha sempre fatto la sua degna scena, portando su grande schermo storie di grande sensibilità che hanno toccato il cuore di tutti; ovviamente, su ogni titolo realizzato in riguardo, vale soprattutto l’esistenza di un film come Rain Man – L’uomo della pioggia di Barry Levinson, lungometraggio premio Oscar con un indimenticabile Dustin Hoffman in versione autistica.

Tra una cosa e l’altra nel tempo altre opere hanno voluto aprire un discorso in riguardo, chi con una certa ispirazione, chi invece senza portare granché novità in riguardo; ad oggi tocca invece al nostro regista Francesco Falaschi, autore di pellicole come Emma sono io e Last Minute Marocco, narrare una storia incentrata sul tema handicap, realizzando con questo Quanto basta un racconto di un’amicizia tra un uomo scorbutico ed un ragazzo con problemi mentali.

Nei panni del primo troviamo il noto Vinicio Marchioni, perenne Freddo del Romanzo criminale televisivo, qua alle prese con un ruolo che lo mette a confronto con tematiche importanti; invece a ricoprire il ruolo del giovane autistico c’è Luigi Fedele, talento in erba visto recitare anche in Banana di Andrea Jublin e in Piuma di Roan Johnson.

Completano il cast la presenza di Valeria Solarino e di un Alessandro Haber in partecipazione amichevole.

In Quanto basta assistiamo alla storia dell’irruento cuoco Arturo (Marchioni), un asso nel suo campo che però si è ritrovato a dover scontare una pena in prigione, causa una reazione violenta avuta durante il lavoro.

Uscito dal penitenziario, dovrà però prestare servizio in un centro per ragazzi autistici, insegnando loro l’arte della cucina.

Qua conosce il talentuoso Guido (Fedele), un ragazzo affetto da sindrome di Asperger che mostrerà sin da subito doti particolari tra i fornelli, tant’è che decide di iscriversi in un contest culinario che si svolgerà in Toscana.

Ad accompagnarlo sarà Arturo stesso, nonostante quest’ultimo lo faccia controvoglia, ma tale occasione rappresenterà per entrambi un modo per avvicinarsi e instaurare una sorprendente amicizia.

Unendo argomenti culinari con tematiche forti come l’handicap, il regista Falaschi realizza con Quanto basta una pellicola lieve e leggera, in verità mai scontata negli argomenti forti affrontati, ma dall’andazzo che rimane sul prevedibile andante.

Gli elementi e gli ingredienti mischiati in questa storia di sensibilità e arte dei fornelli sono i medesimi visti in miriadi di titoli simili, solo che almeno c’è la piacevole sorpresa di trovarli gestiti degnamente in questa pellicola, messi sì in modo non sorprendente, ma almeno senza risultare troppo urticanti in riguardo.

Certo, c’è quel qualcosa in più che sembra fare più minutaggio che altro, se pensiamo alle parentesi dedicate al personaggio della Solarino o alle conoscenze balorde dell’Arturo di Marchioni, e poi a tratti l’interpretazione ad effetto di Fedele può risultare un po’ macchinosa, ma Quanto basta arriva alla conclusione in modo non indigesto, ai limiti di una fiction ben resa e che possa far contenti gli spettatori meno esigenti in materia.

Forse se il film di Falaschi fosse stato concepito esclusivamente per la tv era un altro discorso, avrebbe trovato una sua dimensione perfetta, mentre su grande schermo risulta essere un po’ risicato, anche se in quanto a risultati aleggia nella media assoluta.

Mirko Lomuscio