Puoi baciare lo sposo: recensione

Un tema sempre fresco, mai abbastanza vecchio da affrontare nonostante i tempi rivoluzionari che viviamo, è quello dell’omosessualità, un elemento molto abusato nel mondo del cinema e che solitamente viene anche affrontato in pellicole più leggere, in modo da affrontare la questione omofoba di determinate comunità precise; una di queste è sicuramente l’Italia provinciale, quella dei paesini e delle mentalità ancora poco pronte per determinate questioni, tant’è che ora torna ad essere protagonista di una pellicola dai toni critici verso determinati pregiudizi.

Questa è il presente Puoi baciare lo sposo, nuova opera diretta da Alessandro Genovesi (suo il dittico La peggior settimana della mia vita e Il peggior Natale della mia vita), tratta da un’opera teatrale internazionale che risponde al titolo di My big italian gay wedding, scritta da Anthony J. Wilkinson.

La storia è quella del giovane Antonio (Giovanni Caccamo), un ragazzo italiano omosessuale emigrato a Berlino, il quale vive una intensa storia d’amore col connazionale Paolo (Salvatore Esposito), tanto da volerlo sposare assolutamente, e per fare ciò dovrà presentare il suo compagno ai propri genitori, abitanti del paesino italiano Civita di Bagnoregio.

Ma papà Roberto (Diego Abatantuono), sindaco del luogo, e mamma Anna (Monica Guerritore) non sanno nulla della vita sessuale del proprio figlio, tant’è che dir loro la verità sarà il primo degli obiettivi.

Arrivato a casa, Antonio, con al seguito Paolo ed un paio di amici come la stralunata Benedetta (Diana Del Bufalo) e lo strambo Donato (Dino Abbrescia), mette a nudo tutto quanto, lasciando nel dubbio l’amore di alcuni suoi cari come Roberto, che non intende celebrare assolutamente tale matrimonio, nonostante la sua linea politica è sempre stata dalla parte del progresso mentale.

Affrontare con leggerezza argomenti come l’omosessualità e i pregiudizi in riguardo è sempre un terreno minato difficile da trattare, perché il rischio di risultare o macchiettistico o patetico in riguardo, è sempre in agguato; Puoi baciare lo sposo a suo modo riesce nell’impresa, ma a singhiozzi, perché la pellicola di Genovesi, nonostante sembri avere alcune idee, non sembra sfruttare appieno una struttura sicura in riguardo.

La scrittura del film, affidata al regista stesso assieme al fido Giovanni Bognetti, affastella situazioni ed argomenti senza però ben chiudere il cerchio, per non parlare dei personaggi che ne fanno parte; si tenta di fare della satira sociale e politica in determinati contesti (le parentesi delle sedute di lavoro del sindaco avrebbero dovuto avere maggior respiro), come anche di rendere simpatici alcuni personaggi secondari (funzionale Abbrescia, meno efficace la Del Bufalo, nonostante nel contesto del film poco c’entrano), per non parlare di come arrivi alla conclusione narrativa con estrema semplità e velocità, regalando la facile moraletta del caso a suon di gaio musical (solo perché siamo nel pieno dell’epoca La La Land e nulla più).

Degli attori chi regala maggiori risate, con un paio di battute ben assestate (una su tutte, quella che riguarda la partecipazione del wedding planner Enzo Miccio) è ovviamente Abatantuono, ben assecondato da un già citato Abbrescia e dalla presenza di Antonio Catania, che ricopre i panni di un prete dalla mentalità aperta; la Guerritore mostra perle di recitazione drammatica, portando sulle spalle tutto il contesto serioso della storia, mentre Esposito, reo di avere un’ingombrante presenza poco effeminata, ce la mette tutta ma risulta essere poco credibile nei panni dello sposo gay.

Non pessimo nella sua leggerezza, Puoi baciare lo sposo risulta però essere poco deciso nella completezza d’insieme, svolgendo la propria narrazione con fare molto superficiale; ma almeno la sua causa antiomofobia ne esce a testa alta.

Mirko Lomuscio