Note di cuore: recensione

Fresca di studi di chimica, Ingrid ha deciso di lasciarsi alle spalle un lavoro noioso e una serie di sconfitte, e anche se, a bordo del treno che dalla costa occidentale della Norvegia la sta portando verso sud, la sua scelta le appare all’improvviso priva di senso, sa perfettamente di non poter tornare indietro.

Una scoperta fatta nella cantina della casa di famiglia solo qualche settimana prima ha rafforzato il suo desiderio di partire per Grasse, la città dove suo padre passava lunghi periodi, lontano da lei, e dove Ingrid vuole trovare qualcosa che non può più aspettare.

Perché mai suo padre, un ingegnere meccanico, trascorreva tanto tempo in Provenza, la terra delle fabbriche di profumo?

Cosa lo aveva spinto a dedicarsi con tanta passione a fragranze ed essenze?

Odori e profumi, si sa, risvegliano i ricordi, e seguendone la scia Ingrid arriva alla celebre fabbrica di Sonja Richard, donna alquanto misteriosa, impegnata a sviluppare molecole sintetiche da accostare alle essenze naturali d’arancia, rosa, gelsomino e lavanda, per accaparrarsi la produzione del nuovo profumo di Chanel.

Come un compositore che combina le note musicali per creare la propria melodia, impadronendosi di una sorta di personale vocabolario degli odori,

Ingrid impara ad accordare oli essenziali, estratti e resine, selezionando minuziosamente le materie prime e diventando presto esperta.

In un ambiente spesso ostile, dominato dalla tradizione, il sensuale universo dei profumi l’aiuterà a scoprire cosa nasconde il passato di Sonja, e a trovare finalmente le risposte che cercava.

Questo libro “Note di cuore” di Margit Waksø tratta un argomento interessante, originale per certi versi, quello dei profumi, delle essenze e della loro creazione.

Purtroppo dopo l’entusiasmo e la curiosità delle prime pagine, il racconto si perde via in molti tecnicismi che spiegano sì i concetti base della chimica e degli elementi, ma fanno perdere al testo tutto quell’alone di mistero e di sensualità che poteva avere.

Pagine e pagine di descrizioni minuziose dei processo di fabbrica per lavorare sui profumi, persino i resoconti del diario di Ingrid  lo fanno sembrare un manuale di studio, più che un diario.

Un certo tecnicismo ci vuole, ma questo è un romanzo, non un trattato sulla storia dei profumi e sulla storia di Grasse.

A parer mio è mancata un’introspezione adeguata dei personaggi. Sembrano tutti freddi, distaccati, piatti, non coinvolgono, persino il personaggio di Ingrid appare a volte scialbo, altre volte forzato.

Dapprima è una ragazza depressa, incapace di relazionarsi con le persone, con gli uomini, con la madre, specialmente dopo la morte del padre, arriva quasi a pensare al suicidio, tanto vede senza uscita la propria vita. Poi tutt’a un tratto, poco dopo il suo arrivo a Grasse diventa audace, caparbia, esperta di profumi, lei che è solo una chimica, insomma sembra un’evoluzione un po’ forzata, laddove della ragazza non sappiamo quasi niente. È vero Ingrid è spinta dal bisogno di sapere qualcosa in più su quel padre assente che passava tanto tempo in Francia, ma anche questo aspetto finisce per rimanere sullo sfondo.

Le relazioni tra i protagonisti non sembrano adeguatamente approfondite, non c’è del vero sentimento, e tutto viene tralasciato poi senza un perché. Persino la storia d’amore tra Sonja e il padre di Ingrid, quell’amore nascosto, e infedele, che muove tutto il romanzo, alla fine si riduce a parole tristi e un dialogo piuttosto freddo tra Ingrid e Sonja.

Ingrid alla fine decide di ricreare da sé, in gran segreto, il profumo che Sonja, anni prima, aveva ideato per suo padre Johannes e con esso poi si riscatterà e la ditta di profumi vincerà la commessa per Chanel.

Sul finale ho trovato veramente inverosimile tutta la faccenda: Sonja che lascia partire Ingrid al posto suo, perché dice che il profumo ormai le appartiene, lo ha ricreato lei, cosa che, viste le premesse di partenza, risulta abbastanza improbabile. Non ci si improvvisa profumieri in pochi mesi, oltretutto provenendo da un altro campo come quello della chimica.

L’impressione è quella che si volesse arrivare a quel finale, ma l’autrice non è stata capace di dare solide basi ai personaggi, che fuori dalla fabbrica perdono consistenza, come se rimanessero sempre sullo sfondo, uno vale l’altro.

E, come dicevo, la stessa protagonista subisce una trasformazione non giustificata, qua e là ci sono frammenti e flashback del passato ma non bastano a giustificare tutte le azioni della protagonista.

Addirittura sembra che alla fine non sia nemmeno lei a decidere di partire per Parigi, col profumo per Chanel, ma anzi sembra che si lasci trascinare come un burattino senza volontà, come se la cosa non avesse importanza, come se non contasse tutto il percorso fatto fino lì.

Questo romanzo poteva essere ben riuscito, ma forse pecca di voler dire troppe cose in poco tempo.

Troppi tecnicismi, quasi al limite del noioso, troppi personaggi frammentati e una trama che non tiene conto del contesto di base, un racconto che stravolge le cose rapidamente solo per arrivare ad un punto cruciale, che poi tale punto sembra non arrivare mai.

Samanta Crespi

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