Mi dice ti porto a un concerto stasera

Mi dice ti porto ad un concerto stasera.
Ho già paura, musicalmente sono un po’ difficile, soprattutto se si parla di cantautorato.
Poi mi sento una snob e gli dico vediamoci lì davanti.

La gioventù è quella di sinistra. Dall’hipster baffuto e tatuato, a quello con la maglietta del Che e la chitarra sulla spalla.
Il concerto è carissimo, secondo me.
Ma il mio amico è carino come lo ricordavo, a lui il cantante piace da matti e dunque si decide d’entrare.
Non sono in forma da sabato, devo avere il colon infiammato o chissà quale diavoleria all’intestino: un doloretto al basso ventre a sinistra punzecchia continuamente.
Tutto è nato da una notte passata a consolarmi di birra.
There’s a tears in my beer, come cantava Hank Williams.
“Quello che vuoi, ma birra no, proprio no” gli dico.
Nemmeno mi ascolta e me ne piazza una in mano dopo aver fatto uno scontrino per 4.
“Che così facciamo la fila una volta sola”
Che furbo che sei.
Quel liquido giallo fa schifo come non mai, per fortuna è una piccola.
Inizia il concerto, è molto peggio di quanto mi aspettassi e sono sicuramente l’unica che preferirebbe avere davanti Gigi D’Alessio.
Sono riuscita a piazzare il bicchiere in borsetta come una prestigiatrice, quando lui:
“Fra ne vuoi un’altra?”
Più seccamente possibile: “No, grazie”


Torna non con due, ma con quattro birre. La cassiera non gli aveva spuntato lo scontrino la volta precedente, ma o le prendeva tutte subito o niente.
“Che fortuna no?”
Ciondolo con la seconda birra in mano e la prima nella borsetta.
Il concerto continua.
Mi sento una stronza ad essere così fredda, a lui piace, canta le canzoni, fa complimenti al gruppo e, ad un certo punto, su un pezzo intenso, persino mi abbraccia.
Io cerco di salvarmi con dei:
“che belli gli abiti delle coriste”
“le luci sul palco sono spettacolari”
“suonano molto bene”
“dovrei ascoltare meglio i testi”
“magari sentendo le canzoni più volte”
“colpa mia, non si può andare ad un concerto così impreparata”


Vomito tutte le frasi di circostanza che conosco, mentre nelle mie orecchie prendono spazio tarante, musica folk, stile alla Bregovic.
Arriviamo ai bis.
Devo dire che la situazione migliora un po’, forse sono i primi album, forse la magia del fine concerto, ma mi sembra tutto un pochino più autentico.
Vicino a noi, tre amici ubriachi brindano insieme devastandosi e rovesciando birra.
Simpatici, ma molesti, naturalmente me ne arriva una addosso.
Io stasera la birra proprio la odio.
Finisce tutto, finalmente.
Gli dico che vado a casa, che ci si rivede.
Da mezz’ora sto pensando a come smacchiare il vestito.
Uno dei miei preferiti.
Insiste, andiamo a berci una birra insieme.
Sembra una barzelletta.
Io non bevo però. Ti prego. Sto male.
Si fa portare una media ed un bicchiere vuoto.
Me ne versa un po’ della sua.
“Così la dividiamo”, dice dolcemente.
Ok.
Prendo un gran respiro e la bevo tutta d’un colpo.
E si trasforma direttamente in dolore.
Una lacrima nella mia birra.

 

Testo Francesca Lorusso