Luna nera: recensione

Luna Nera doveva essere l’esordio del fantastico italiano su Netflix, il trailer preannunciava qualcosa di misterioso e potente, un fantasy storico ambientato nel diciassettesimo secolo. La trama mostra un enorme potenziale non solo narrativo ma anche folkloristico. Purtroppo la serie tv si è rivelata uno specchietto per le allodole: se la trama attraeva il pubblico, la recitazione e la sceneggiatura lo faranno piangere.

La serierappresentta il tipico esempio di un potenziale che noi italiani dalla mente “confusa” sprechiamo con poche e semplici mosse. Eppure abbiamo avuto esempi di registi che hanno osato e creato qualcosa di bello, come Garrone ne Il racconto dei racconti.

Nella serie, della maggior parte degli attori è pessima, con qualche eccezione, e il ridoppiaggio fa sanguinare le orecchie.

La storia d’amore è banale e irrealistica: possibile che due ragazzi che non sanno nemmeno il nome reciproco parlino già di amore eterno? Perfino Romeo e Giulietta al confronto risulterebbe meno ridicolo. La sceneggiatura fa un orribile lavoro nel caratterizzare i personaggi, soprattutto i protagonisti (come la rezione di Valene al fatto che, per non fare spoiler, un personaggio in realtà è un altro e lui invece di essere confuso, pare tanquillo).

Ci sono inoltre poche spiegazioni legati all’ambientazione e alla storia. Perché tutti bramano il Libro dei Regni? Quali sono le regole della magia? Da dove deriva la grande inimicizia tra benandanti e streghe? E tante altre domande senza risposta.

Ora passiamo al lato storico, esatto, questo libro non è un’ucronia ma il nostro mondo quindi il pubblico si aspetterebbe una fedeltà alla società del periodo. Invece cosa ci troviamo? Benandanti al servizio della Chiesa? Ma quando mai! Nella realtà venivano visti come una setta e un culto rivale, anche se gli stessi inquisitori avevano riconosciuto che i loro intenti non erano nocivi. I benandanti sono finiti sotto tortura, mai uccisi, ma non se la passavano bene tra le braccia della Santa Inquisizione. Oltretutto erano un culto strettamente legato alla zona nord est italiana (anche se questo dettaglio potrebbe passare, dato che diverse regioni hanno figure simili a stregoni o creature benigni, tipo gli Streghi Toscani). Nella serie tv non si esplora il complesso rapporto tra benandanti e streghe, l’origine della loro rivalità ecc. Nulla! Una nota positiva sono i costumi rurali ricavati con pellicce e maschere, un richiamo alla realtà contadina a cui questi sciamani erano legati. Anche il combattimento con le spade è una buona trovata, dato che nelle leggende combattevano con bastoni di frassino e finocchio e sarebbe stato comico a vedersi.

Altra nota positiva è la rappresentazione dell’ipocrisia degli uomini di chiesa: un personaggio gioca con segreti arcani, mentre in pubblico accusa le streghe. Stessa cosa per il capo dei Benandanti: cede alla tentazione a causa del dolore arriverebbe a tradire il proprio credo per fini personali, nonostante condanni chi non professa la fede cristiana. Mi ha riportato alla mente la figura di Claude Frollo, l’antagonista del romanzo Notre Dame de Paris, di Victor Hugo: Frollo è un prete interessato all’alchimia, ma nasconde il suo segreto accanendosi su streghe, eretici e diversi. Insomma, un ipocrita bello e buono.

Per il resto, la trama si concentra di più sulla storia d’amore piuttosto che sulla parte magica o sulla società e questo è un gran peccato.

La sorpresa finale è interessante, purtroppo è mal gestita e ciò fa perdere quella piccola speranza che si era illuminata in una serie terribile. Due personaggi prendono due percorsi simili, ma opposti, nel caso del ragazzo, mi sembra un tantino assurdo che scelga tale sentiero dopo tutto quello che ha fatto.

Non sappiamo quanto il libro sia fedele al telefilm, speriamo che sia migliore di questa fiction rai travestita da fantasy. Prossimamente faremo una recensione dove paragoneremo serie tv e libro.

Debora Parisi

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