L’anima mia s’acquieta

Cammino lungo i vialetti assorta nei miei pensieri quando qualche centimetro di pelle scura sfiorata da colori brillanti mi distoglie bruscamente dalla mia traiettoria, quanta eleganza e che portamento regale sfoggiati con grazia un anonimo sabato mattina al parco tra indescrivibili bellezze naturali, verde blu giallo rosso, arancio, un fiore, una manica, un cespuglio, un foulard, un’aiuola, una fibbia, una corolla, un polsino, una gemma, pietre preziose e oro luminoso. Il mio sguardo corre via veloce e lo perdo di vista laggiù, starà inseguendo una stoffa o un bocciolo, chissà.

Le immagini oscurano i suoni, peraltro incomprensibili, che di altra lingua si tratti è certo, ma di quale non si sa, sono in tanti, festosi e loquaci, eleganti e felici, una sola di bianco vestita, lei, la sposa, un bianco sgargiante, un giglio tra i tulipani, alta snella serena, uno splendore e al suo fianco lo sposo, variopinto, la protegge con spalle possenti. Un matrimonio africano, un sabato mattina in un’anonima cittadina di provincia, una rarità, un quadratino di pelle scura, un altro e uno ancora, uno accanto all’altro, una persona, due, dieci, venti, un folto gruppo dall’insolita eleganza.

È festa grande!

Mi giro di colpo e inseguo il mio sguardo dispettoso che si è gettato a capofitto tra gli incanti del panorama, curioso come sempre, insaziabile direi, avvista una meraviglia e ne intuisce un’altra, prima una e poi l’altra, d’un tratto arretra e con molta cautela si guarda intorno, si ferma, si volta e chiama in soccorso l’udito, suo grande alleato, parte di scatto, li vedo appostarsi fianco a fianco, c’è un intrigo nell’aria, orecchie e occhi allertati, stanno spavaldamente origliando i commenti dei passanti, lo scalpiccio della ghiaia rende arduo il loro compito, ma l’impegno viene premiato, parole feroci si incuneano nell’orecchio destro suscitando rabbia e stupore, come si permettono, come osano, in bianco anche loro, noi loro, loro noi, affetto o stupore, non è dato sapersi.

Abbasso il capo amareggiata e per distrarmi seguo un nuovo itinerario mentale tra i sassolini bianchi e un pubblico variegato, involontariamente ascolto le confidenze altrui, ecco una coppia frettolosa, un ragazzo in corsa verso l’ufficio anagrafe e poi dal dottore, nulla di preoccupante, deve ritirare un documento, confida al suo interlocutore telefonico, mentre una signora anziana si affretta in centro, stanno per chiudere tutti i negozi, mia suocera è stanca, scade il parchimetro, ho fame, stanno traslocando, la bambina vuole un gelato, lui la tradisce, domani mi riposo, hanno sempre ragione loro e molto altro.

Ah, la frenesia contagiosa del sabato mattina, decine di cittadini ammaliati da tanta beltà, di sottofondo lo scalpiccio dei passi sulla ghiaia e un vociare rilassato, più in là vasti prati costellati di macchie fiorite, qui dentro l’anima mia s’acquieta.

Elisa Bollazzi

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