Back to black: recensione

Scomparsa in quel lontano 23 luglio del 2011, la voce della nota cantante inglese Amy Winehouse continua ancora a risuonare nell’immaginario musicale di tutto il mondo, portando di conseguenza a galla la realizzazione di un biography incentrato sulla sua crescita professionale e, soprattutto, sentimentale, attraversando ogni momento difficile che la nota artista ha attraversato nella sua breve, ma ricca, esistenza.

Una biografia che vede dietro al timone di regia la Sam Taylor-Johnson nota ai più per la trasposizione cinematografica dell’infame libro Cinquanta sfumature di grigio, ma anche fautrice di un’altra biografia quale è il bel Nowhere boy, incentrato sull’adolescenza di un giovane John Lennon, interpretato tra l’altro dal suo compagno di vita Aaron Taylor-Johnson, conosciuto proprio durante la lavorazione di quel film; con questo Back to black la nostra regista decide quindi di infondere la propria conoscenza in materia nei riguardi della compianta Winehouse, utilizzando per protagonista la misconosciuta Marisa Abela, vista di recente in Barbie, e cucendole addosso un’immagine della cantante inglese rivolta verso un lato umano e malinconico della situazione.

Avendo compiuto da poco diciotto anni, Amy (Abela) vive con amore tutta la propria giovanile esistenza accanto all’amata famiglia, di cui fanno parte l’adorata nonna Cynthia (Lesley Manville) e il protettivo papà Mitch (Eddie Marsan), sempre sostenuta e consigliata per quanto riguarda la propria carriera di cantante in erba.

Influenzata dalla musica jazz, la ragazza ben presto porterà il proprio talento verso il successo vero e proprio, scalando le classifiche e toccando le vette della celebrità; ma nonostante ciò, Amy rimane dentro di sé una ragazza comune, con i propri problemi di dipendenza dall’alcool e di marijuana.

Sarà inoltre l’incontro con l’amato Blake (Jack O’Connell) a mettere in ulteriore crisi la mentalità di Amy, che non potrà fare altro che ruotare tutte le proprie decisioni attorno a questo amore tormentato, il quale trascorre tra scenate di violenza e interventi della stessa polizia.

E nel mentre il nome Winehouse si fa sempre più importante nel settore musicale, fino alla fine dei giorni di Amy.
Accodandosi alla forsennata moda attuale di realizzare biography di artisti importanti, almeno dopo il successo planetario di Bohemian Rhapsody, Back to black della Taylor-Johnson è un film che riesce a regalare agli svariati spettatori, che siano fan o no della cantante, un’opera sincera e diretta, che riesce ad amalgamare sentimento musicale con quello umano, regalando di conseguenza un ritratto delicato e adeguato della tormentata protagonista.

La Winehouse, nota per i suoi eccessi come anche per le bellissime doti canore, viene quindi qua descritta in tutta la sua umanità, come vittima delle conseguenze di una scelta di vita discutibile, ma anche come anima fragile che mal viene compatita dall’amato Blake, portando così Back to black tra le righe di una storia d’amore che non trova mai pace ma solo un drammatico perché, e si annida tra le belle note musicali create da Amy.

La Abela, che inizialmente ben poco sembra condivide in fattore di somiglianza fisica con la protagonista, salvo poi conquistare punti nella fase celebre e oscura, si cimenta comunque in un ruolo ben calibrato e moderato, affiancandosi ad un valido O’Connell e facendosi ben aiutare da uno script attento a non strafare in facili sentimentalismi, scritto dal Matt Greenhalgh del succitato Nowhere boy, anche sceneggiatore del Control di Anton Corbijn, biography del Ian Curtis frontman dei Joy Division.

Che siate amanti o no della musica della Winehouse, Back to black è un appuntamento da non mancare se siete in cerca di emozioni ben costruite e immortalate dalla buona musica.

Mirko Lomuscio