La vedova Winchester: recensione

Di leggende da cui trarre ispirazione per una storia horror come si deve troppe ce ne sono in giro, ed una di quelle che recentemente ha attirato maggiormente l’attenzione della settima arte è quella legata alla dimora Winchester, casa costruita dalla vedova del noto costruttore di carabine e che nasconde tra le sue mura una realtà alquanto macabra; a raccontarci tale leggenda sono quindi due esperti di cinema horror come i fratelli Michael e Peter Spierig, appena reduci dall’esperienza reboot (in verità non proprio riuscita) di Saw: Legacy e autori di un cult del cinema zombie quale è Undead.

Con La vedova Winchester i due intendono narrare questa “storia vera”, intrisa di oscure realtà e apparizioni fantasmagoriche, ispirandosi largamente al vecchio cinema di genere di una volta, quello che aleggiava tra la Hammer Film e le produzioni di Roger Corman; ed è con occhio rivolto a quelle scelte stilistiche che allora decidono di coinvolgere in questo titolo un nome altisonante come quello della grande Helen Mirren, attrice premio Oscar (per il film The Queen) che con molta professionalità prende in mano questa storia e la arricchisce con la sua presenza da recitazione british.

La storia prende avvio quando lo psicologo Eric Price (il Jason Clarke visto in Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie e in Terminator Genisys) viene convocato presso la casa della vedova Sarah Winchester (Mirren), dovendo constatare lo stato mentale della donna.

Infatti quest’ultima, convinta che gli spiriti delle vittime uccise dalle armi fabbricate dalla sua azienda, ereditata dal marito, tornino dall’aldilà per ossessionarla, decide di costruire una magione per imprigionare tali fantasmi una volta per tutte; una storia che sulle prime sembra essere frutto di pura follia, ma che invece col passar del tempo darà modo di essere ben più reale di quel che sembra.

Sorvolando il fatto che oramai di storie sulle case infestate il cinema ne è stracolmo, basta citare le recenti creazioni fatte dal regista James Wan (le serie di Insidious e di The conjuring – L’evocazione), La vedova Winchester cerca di mettere in atto il suo svolgimento nel modo più ispirato possibile, senza rendersi la fotocopia sciapa di un qualsiasi ghost movie somigliante (sulle prime viene in mente The woman in black di James Watkins).

Certo, dovendo trattare una storia incentrata su apparizioni e salti dalla poltrona, inutile non notare come la regia dei Spierig non possa far altro che spargere apparizioni varie, con spauracchi assortiti e balzi sonori, ma sorvolata una prima parte consona al genere si arriva ad un secondo tempo più ispirato in riguardo, tirando le somme sul colpo di scena finale e sciorinando momenti anche spettacolari.

Non che si parli di un film che faccia la differenza in riguardo, dato che alla fine i risultati sono sul modesto più totale, ma La vedova Winchester si fa vedere e fa il suo dovere in modo egregio, sfruttando appieno anche l’appeal dei suoi protagonisti, che vanno da un volenteroso Clarke fino alla partecipazione di caratteristi d.o.c. come Angus Sampson (visto appunto negli Insidious e poi anche in Mad Max: Fury Road) e Bruce Spence (faccia storica del cinema australiano, presente in Interceptor – Il guerriero della strada e in Mad Max: oltre la sfera del tuono).

Infine c’è lei, dame Helen Mirren, la cui partecipazione dovrebbe dare maggior pienezza alla storia (vera) de La vedova Winchester e che, a conti fatti, fa quel che può, nonostante non risulti essere la vera chiave di volta della riuscita del tutto; ciò che maggiormente si evince è la morale contro le armi da fuoco, unico vero elemento che innalza le sorti artistiche del film degli Spierig.

Mirko Lomuscio