La ragazza e la notte: recensione

Con Guillaume Musso mi capita sempre così, di passare in libreria per caso e trovare un suo nuovo libro. E mi batte il cuore a prima vista, senza nemmeno averlo letto. Ma lo so già, è una garanzia. Non è soltanto un noir mozzafiato da divorare in due giorni. È ben altro e questo ben altro ha sempre l’indicibile potere di attrarmi, colpire tutta me stessa, smuovere qualcosa in fondo all’anima mentre cerca lo spazio per depositarsi.

È così che poi me lo porto dentro, dopo ogni lettura.

Siamo nel Sud della Francia. Nei paesaggi contrastanti della Costa Azzurra, quelli che splendono calmi nel riverbero del sole o che ululano al vento, cristallizzati sotto la neve, a strapiombo sul mare.

Thomas Degalais, adulto, con una carriera da scrittore a New York, si trova costretto a tornare in Francia.

È il 2017, ma lui e le persone che ha intorno rivivranno il terribile inverno del 1992 quando la vita al campus Saint Exupéry si tinse di mistero.

Vinca Rockwell, una ragazza scomparsa nella notte. Un caso irrisolto, verità nascoste e rivelazioni sconcertanti tengono il lettore incollato alle pagine.

Le indagini di Thomàs portano alla voglia di capire, di trovare il colpevole. Eppure è una ricerca che va oltre. Il protagonista  afferma di doversi reimmergere nei ricordi per ritrovare prima di tutto se stesso.

Una storia incentrata non tanto sulla vicenda vittima/carnefice, piuttosto sul percorso umano, che fa riflettere.

Una penna, quella di Guillaume Musso che non giudica, si limita a dar voce agli abissi inesplorati della mente di un uomo in relazione all’amore, all’amicizia, alla famiglia, alla vita… e alla morte.

“[…] ritrovare in me il ragazzo diverso dagli altri che ero stato una volta. […] Un giovane positivo e coraggioso, un essere dal cuore puro, toccato da una specie di grazia. […] la sua presenza non era ancora svanita del tutto. Anche nei miei momenti più bui l’avevo serbata dentro di me. Un sorriso, una parola, una saggezza che a volte si riaffacciavano alla mia mente e mi ricordavano chi ero stato”.

 

Erika Carta

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