La casa – Il risveglio del male: recensione

A dieci anni di distanza da quel remake urlato a gran voce e che nel tempo sembra essersi anche ritagliato un’aurea di culto, nonostante come operazione risulti essere meramente senza alcun principio di esistere, la saga di Evil dead, La casa da noi in Italia, torna ora in sala per dare nuova linfa ad un plot creato nel 1981 da un regista esordiente poco più che ventenne che risponde al nome di Sam Raimi.

Affidando la regia al misconosciuto Lee Cronin, qua alla sua seconda esperienza dopo il piccolo horror Hole – L’abisso, il buon Raimi, insieme ai fidi Robert Tapert e Bruce Campbell, decide quindi di produrre un ulteriore nuovo capitolo, tirando su un progetto tanto atteso quanto desiderato da un qualsiasi fan del genere splatter in giro per il globo; La casa – Il risveglio del male è un’opera che nasce sotto l’ennesima prospettiva ambiziosa del caso, capace di portare nuovi spunti in una serie che, nonostante i suoi 40 e passa anni sul groppone, ancora oggi getta semi di grande inventiva e spunti vari (la recente serie tv horror/comica Ash vs evil dead interpretata dallo stesso Campbell).

Dopo la baita isolata dei primi due La casa (più remake) e il Medioevo de L’armata delle tenebre, stavolta l’azione si svolge tra le mura di un condominio, dove vive la madre Ellie (Alyssa Sutherland) assieme ai figli Danny (Morgan Davis), Brigida (Gabrielle Echols) e Cassie (Neil Fisher), cui si aggiunge a sorella della donna, Bet (Lily Sullivan), di ritorno da un tour di lavoro come elettricista per band musicali.

Assieme questo nucleo famigliare andrà ben presto incontro ad un vero orrore, causa il ritrovamento di un antico libro sotto le fondamenta del palazzo; le parole magiche descritte sopra richiamano una entità malvagia, la quale trasforma in demoni chiunque sia nei paraggi e costringendo i restanti sopravvissuti ad affrontare una lunga battaglia a suon di frattaglie e sangue.

Premessa diretta: se siete affezionati della serie originale non aspettatevi nulla che possa solo minimamente avvicinarsi a quel tipo di prodotto, perché La casa – Il risveglio del male altri non è che un horror molto affine alla visione odierna del cinema splatter (quindi CGI a profusione per i momenti più ”creativi”, anche per le secchiate di sangue) e che in modo abbastanza pigro ripropone sì situazioni ammiccanti alla saga di Raimi, ma lascia perplessi per come non intende approfondire ulteriormente quell’universo eighties (lo stesso Necronomicon, il temuto libro dei morti, cambia totalmente estetica).

Forse l’errore maggiore è proprio che dal film di Cronin ci si aspettava qualcosa di più analogo alla filosofia raimiana, come uno humour anarchico divertito e divertente del caso, ed invece questo lungometraggio altri non è che un ennesimo titolo a sé che magari, visto in modo isolato, potrebbe anche guadagnare un certo rispetto, ma siccome fa parte del mondo di Evil dead è difficile da prendere per quel che è; certo è sanguinolento e la cattiveria la fa da padrona, cosa che ovviamente non può mancare in questi casi, ma tutto è gettato in un calderone citazionista che mescola riferimenti a vecchi film appartenenti alla serie (l’occhio che vola in bocca ad un’incauta vittima come in La casa 2, il tormentone “morti all’alba!”, la motosega) e non (rimandi a Shining e al dittico italiano Demoni) in modo alquanto gratuito e affrettato.

Molto più motivato del precedente remake firmato Fede Alvarez, La casa – Il risveglio del male nella sua anima meramente intrattenitrice nasconde inoltre una metafora legata ad un presunto “demone sociale” proprio come il suo ambizioso predecessore del 2013 (in quello di Alvarez era la droga, nel film di Cronin è l’aborto); sinceramente il serial de La casa non ha bisogno di queste derive seriose, ed è per questo che si sente anche qua la mancanza dell’animo anarchico e cinetico di un Raimi regista, da cui ci aspettiamo ancora un definitivo e apocalittico vero quarto capitolo.

Mirko Lomuscio