Il sacrificio del cervo sacro: recensione

Reduce dal Festival di Cannes 2017, dove è stato insignito del premio per la miglior sceneggiatura, approda nelle sale italiane l’ultima opera del regista greco Yorgos Lanthimos, acclamato autore di lungometraggi di grande prestigio come gli inediti Kynotontas e Alps, più The lobster interpretato da Colin Farrell, film, quest’ultimo, che gli ha dato modo di approdare internazionalmente agli occhi del pubblico più svariato, conquistando addirittura una nomination agli Oscar per lo script; tenendo sempre il suo occhio attento ai rapporti umani, stavolta condensati in una famiglia dell’alta borghesia americana, Lanthimos ci presenta questo Il sacrificio del cervo sacro con piglio ambizioso, usufruendo di una coppia d’attori di grido che dovrebbero fare grande richiamo per la sua contorta trama di vendette e risentimenti.

Loro sono il succitato Farrell e Nicole Kidman, i quali ricoprono i panni di una coppia sposata con figli che andrà incontro al peggiore dei loro incubi, ospitando fra le loro mura di casa, sotto forma di un adolescente dall’aspetto innocente ed ambiguo, quello che si presenterà essere l’epilogo della loro idilliaca esistenza.

Tutto comincia quando il dottor Steven Murphy (Farrell), un chirurgo cardiotoracico dalla nota fama, decide di voler frequentare un giovanotto di sedici anni, il cui nome è Martin (Barry Keoghan); il ragazzo è il figlio di uomo che non è riuscito a superare una delle operazioni del famoso medico, morendo quindi sotto i ferri.

Smosso da un certo rimorso, Steven farà di tutto per sostenere l’adolescente, anche ospitarlo a casa sua, facendogli conoscere sua moglie Anna (Kidman) e i due figli Kim (Raffey Cassidy) e Bob (Sunny Suljic). Ma tutto ciò comporterà l’inizio di una maledizione che accompagnerà l’intera famiglia Murphy verso il baratro della follia, dato che pian piano ognuno di loro comincia ad avvertire strani sintomi che li condurrà verso morte certa, e sembra che il colpevole di tutto ciò sia Martin stesso.

Steven sarà disposto ad ogni cosa pur di trovare la soluzione, anche commettere il più folle dei delitti sotto forma di sacrificio umano.

Con stile secco ed un occhio lucido, sempre pronto ad incidere negli animi dei suoi travagliati personaggi, Lanthimos stavolta irrompe nel comune senso del pudore (se così si può dire?) della borghesia americana, infrangendo le regole di questi luoghi con una storia al di là della realtà, anche ricca di reminescenze horror.

Questo Il sacrificio del cervo sacro si mostra in tutta la sua sincera follia, avanzando con ritmo pacato tra una caratterizzazione e l’altra, in modo da sovvertire la classe media con un pugno di protagonisti dall’andazzo critico; dallo Steven di un Farrell in sovrappeso e con barba lunga ad una Kidman sempre pronta a concedersi in qualche nudo d’autore, fino a passare al convincente trio di giovani interpreti Keoghan/Cassidy/Suljic, tutti pedine di una trama metafora su ciò che la società d’oggi tende a creare nel fare male i conti col destino.

Ognuno di loro è bene o male colpevole di qualcosa, anche la madre di Martin interpretata da Alicia Silverstone o il collega di Steven, tale Matthew, interpretato da Bill Camp, e Lanthimos gioca parecchio sotto questo aspetto, senza però rendere conto ad una messa in scena forse poco consone all’accattivante svolgimento, spesso e volentieri fin troppo volutamente distaccata per poter creare un’atmosfera degna del concetto autorialità.

Vero e proprio horror dell’animo, con evidenti richiami allo Stanley Kubrick di Shining (utilizzo delle musiche e molta similitudine nei movimenti di macchina), Il sacrificio del cervi sacro è quell’appuntamento rivolto agli amanti del cosiddetto cinema di qualità, anche quando questo sembra essere forzatamente voluto sotto ogni aspetto, messa in scena a sottrazione, ed in questo caso inappropriata, in primis.

Mirko Lomuscio