Il quaderno dei nomi perduti: recensione

Il quaderno dei nomi perduti è un romanzo dallo stile particolare, che attraversa la vita di una donna, dall’infanzia alla vecchiaia, tramite il ricordo delle persone che ne hanno fatto parte, nel bene e nel male.

Ogni capitolo ha come titolo il nome di una persona importante e, grazie al racconto di ciò che è stato, scopriamo di più sulla vita di Doris, che altro non è che un’anziana signora che vive in Svezia, ormai novantaseienne, alle prese con gli acciacchi della vecchiaia e con il bisogno di non dimenticare, di lasciare un segno di sé.

Per fare questo Doris decide di trascrivere dal suo quaderno dei nomi tutto ciò e che è stato importante per lei.
Troviamo la vita travagliata di una bambina svedese, che perde il padre in tenera età, viene venduta dalla madre a una ricca signora per farle da domestica e con lei finisce a Parigi in Francia, dove alla fine dovrà fare l’indossatrice di abiti per ricche signore a soli 12 anni.

In Francia, conoscerà l’amore e poi l’abbandono, fuggirà in America, e poi infine durante la seconda guerra mondiale riuscirà a tornare nella sua terra natia, in Svezia.

Questo libro è intenso, quasi malinconico, si sente vibrare la vita attraverso le parole dei ricordi trascritti di Doris, ma poi irrompe nel racconto il tempo presente che ti riporta inesorabilmente al contemporaneo e lì si percepisce tutta la fragilità di una donna sul finire degli anni che si aggrappa alla vita e alla speranza con tutte le proprie forze.
Uno dei suoi più importanti appigli, nonché affetti ancora in vita è Jenny, la sua pronipote, figlia di sua sorella alla quale è molto legata, tanto che comunicano da un capo all’altro del mondo, dagli Stati Uniti alla Svezia con il computer.

E sarà proprio il computer ad essere protagonista sullo sfondo, e anche il tassello fondamentale del finale un po’ dolce e un po’ amaro del romanzo.

Mi ha commosso nel profondo, forse perché anche io ho da poco perso una prozia, della stessa età di Doris: una persona sola e senza figli suoi, proprio come lei, a cui ero molto affezionata e che, purtroppo, non mi ha lasciato nessun quaderno di ricordi, ma solo tanta nostalgia della sua voce e dei suoi racconti.

Un libro da leggere assolutamente.

 

Samanta Crespi

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