Il mondo è un’altra cosa: intervista esclusiva a Jacopo Zonca

Jacopo Zonca è nato a Parma nel 1991, coltiva fin da bambino la passione per il cinema e la lettura. Dopo il diploma si trasferisce a Roma dove studia cinema e in seguito recitazione. A teatro ha lavorato come attore, aiuto regia e drammaturgo. È autore di monologhi che ha anche diretto e interpretato. Ha pubblicato con Epika Edizioni Il mondo è un’altra cosa.

Questa la trama: Ennio è un contadino che vive isolato e un giorno si ritrova a dover fare i conti con gangster serbi convinti di trovare delle armi nella sua fattoria. Marco è un insegnante che vive felicemente con Giulia, la sua donna, per la quale farebbe tutto, anche picchiare un suo alunno. Andrea è un ragazzo che insegue il sogno di diventare un grande attore, senza essere pronto a sopportare la pressione psicologica che comporta questa ambizione. Sara nutre una passione sconfinata per le lavatrici, che praticamente ama più degli esseri umani. Christian è un estremista che desidera riportare l’ordine in un mondo impazzito e in mano ai traditori della patria. Greta è la titolare di un video store, cerca di condurre una vita tranquilla, ma è devastata dagli attacchi di panico e dalle preoccupazioni per un’amica vittima di maltrattamenti.

Si tratta di un libro di racconti con personaggi di età, stili di vita e impulsi diversi, che si ritrovano a dover fronteggiare un momento cruciale delle loro esistenze in bilico fra follia e una pseudo-normalità, in cui dovranno decidere se restare nel posto che si sono ritagliati nel mondo, oppure rimanere vittime delle loro ossessioni, pensando che il mondo, quello vero, sia un’altra cosa.

Per saperne di più, lo abbiamo intervistato.

Hai carta bianca e tre aggettivi per descriverti…

Sono spiritoso, meditativo, agitato. Nutro l’ambizione di diventare sempre più bravo.

Mai senza…?

Il telefono e le chiavi di casa. Parlo per esperienza personale.

Cosa ti piace leggere?

Gli scrittori che mi hanno cambiato la vita sono Bret Easton Ellis, Irvine Welsh, Stephen King, David Foster Wallace, Edward Bunker, Franz Kafka, Niccolò Ammaniti e tanti altri. Cerco di acchiappare tutto quello che riesco non solo dagli scrittori, ma anche dai registi cinematografici e dai musicisti.

In genere mi piace leggere un po’ di tutto, cerco di differenziare l’approccio ad ogni libro, ci sono i romanzi che leggo per puro piacere, per evadere completamente e altri che invece leggo con uno sguardo diverso, orientato più allo studio che al puro intrattenimento.

Se dovessi esprimere tre desideri?

Prima di tutto, desidero che le persone che amo non soffrano. Il secondo desiderio è riuscire a sentirmi completamente padrone della mia vita, il terzo (forse il più difficile) riuscire a vivere con la scrittura.

La tua vita in un tweet?

Ci vuole poco per cadere e pochissimo per gioire.

Parlaci del tuo romanzo. A chi lo consiglieresti e perché?

Questo è un libro composto da racconti, quindi lo consiglierei a tutti i divoratori di storie brevi. Per il resto non penso ad un pubblico in particolare, la lettura dovrebbe appartenere a tutti, quindi mi piacerebbe che questo libro venisse letto da tante persone diverse fra loro.

Come sono nati i personaggi?

Mi stimolava particolarmente l’idea di creare personaggi che incarnassero qualcosa di totalmente opposto a quello che sono io. In questi racconti alcuni protagonisti rappresentano diversi lati del mio carattere, o meglio, rappresentano alcune delle mie paure, altri invece sono completamente diversi da me, anzi, oserei dire che provo quasi ribrezzo per loro, ma quando descrivi e crei un personaggio che sotto sotto disprezzi accade qualcosa di magico: riesci ad avere una lucidità e un distacco tali da descrivere ogni minimo dettaglio e ogni sfaccettatura di quel carattere con estrema semplicità.

In sostanza, è stato più difficile raccontare i personaggi che sento più vicini, è un paradosso, ma è così.

Le ambientazioni scelte provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?

Cerco sempre di non specificare il luogo dove la vicenda si svolge, se non per esigenze narrative specifiche, ma in linea di massima preferisco essere molto preciso nella descrizione dell’ambiente, interno o esterno che sia. In questo libro gran parte delle storie sono ambientate nel nord Italia, anche se non ho specificato la città. Solo un racconto è dichiaratamente ambientato a Roma, questo perché il tipo di vicenda che stavo descrivendo lo richiedeva.

L’ambientazione è un elemento fondamentale della storia, praticamente un personaggio, bisogna tenere presente tantissime cose e se specifichi i nomi di città o di località precise occorre avere anche il distacco necessario per poter raccontare e spesso, se parli della tua città è difficile averlo.

Per quanto mi riguarda, le ambientazioni, in modo più o meno palese, derivano sempre dal reale.

Come puoi riassumere ai potenziali lettori il tuo romanzo? Qual è il messaggio che hai voluto trasmettere?

Penso che questo sia un libro sulla solitudine e sui disagi che da essa possono nascere. Tutti i personaggi sono accomunati da questo fattore anche se completamente diversi fra di loro. Scrivendo volevo sentirmi sulle montagne russe e spero che anche chi legge possa sentirsi così.

Non ho un messaggio preciso, spero che emergano tante sensazioni e che poi il lettore tragga le proprie conclusioni che magari non sono necessariamente le mie. Per me l’importante è suscitare un’emozione, di qualunque tipo, non importa, ma non voglio passare inosservato.

Sei già al lavoro su un nuovo manoscritto?

Sì, mi piacerebbe parlare di adolescenza, una tematica affrontata molte volte, ma vorrei raccontarla a modo mio, seguendo le miei emozioni, il mio vissuto, creando un ritratto estremamente personale di un periodo importante e difficilissimo della vita di tutti noi.

Silvia Casini

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