Glass: recensione

Se c’è una cosa che il buon caro Shyamalan ci ha insegnato è che con lui ci si deve sempre aspettare l’inaspettato. Che sia riguardo al suo ormai abusato tropo del twist finale alla fine del 90% dei suoi film oppure alle sue autoriali e, qualche volta, pretenziose tecniche di regia e narrazione, non si sa mai dove potrà andare a parare.
Certo, a meno che non siamo parlando del prevedibile finale di The Village, ma possiamo sorvolarlo.

M. Night Shyamalan è uno dei registi più controversi degli ultimi anni. Ha iniziato già in quinta con Il Sesto Senso, diventato ormai un cult come il suo film successivo, Unbreakable, primo della trilogia dell’opera di cui andremo a parlare a breve, che ha mostrato un’interessante interpretazione del mondo dei fumetti supereroistici, che ha fatto storcere il naso ad alcuni critici ma che è stata invece amata dai fan dei supereroi.
Successivamente a questi due primi successi, il suo tracollo è iniziato: Signs ha creato forse gli invasori alieni più stupidi mai visti al cinema, Lady in the Water ancora ancora può definirsi un so bad it’s good per quanto involontariamente divertente sia, L’Ultimo Dominatore dell’Aria ha fatto infuriare migliaia di amanti del cartone Avatar e altri.
Ultimamente si è fortunatamente risollevato con The Visit e Split, quest’ultimo ha in sé forse il miglior colpo di scena mai visto in un suo film: ha infatti collegato due pellicole perché semplicemente sono state entrambe dirette da lui, come una specie di “Shyamalan Extended Universe”, per così dire.

David, ora da tutti soprannominato il Sorvegliante Verde, continua imperterrito nella sua crociata contro la malavita, aiutato dal figlio Joseph. Un giorno s’imbatte in Kevin e, dopo aver liberato delle ragazze da lui imprigionate, si batte con lui. Tuttavia lo scontro viene interrotto dalla dottoressa Staple che, con l’aiuto della polizia, li porta nel suo istituto, al cui interno vi è anche Elijah Pirce, l’Uomo di Vetro.
L’intento della Staple è di convincere i suoi tre pazienti che quelli che loro credono essere superpoteri non sono altro che illusioni create dalle loro menti in seguito ad eventi traumatizzanti.
Nel frattempo, però, Elijah ha in mente un piano per evadere, portare dalla sua parte la Bestia dentro la mente di Kevin e portare entrambi ad una rivalsa nel mondo.


Ci saremmo dovuti in parte aspettare del crossover tra Unbreakable e Split, visti i poster di questi film, incrinati come il vetro, che in quest’ultimo film sembra rompersi in mille pezzi, probabilmente dei voluti piccoli indizi lasciatici dal regista per prepararci a quest’ultimo showdown.
Far combaciare tra loro un horror soprannaturale e un cinecomic psicologico non è un’impresa semplice, tuttavia Shyamalan è riuscito nella sua impresa, creando un film supereroistico altamente introspettivo, meno concentrato sull’intrattenimento e su scene di lotta epiche, come mai il MEU ci ha altamente abituati, ma più sull’approfondimento psicologico dei personaggi, cosa ormai rara nei film sui supereroi. È interessante poter vedere come questi tre individui interagiscano tra loro in questo inaspettato ma tanto atteso crossover, e le loro relazioni sono state rese in maniera semplice e al contampo molto scaltra.
Non solo tra Mr. Glass e le diverse personalità di Kevin, o tra la Bestia e David, ma anche tra i tre pazienti e la dottoressa.
Il dubbio che insita la Staple nei tre protagonisti è messo in risalto dalle numerose riprese in soggettiva, come se volesse convincere più il pubblico che i tre “super umani” che il mondo sia esclusivamente popolato solo da persone “normali”, come in un intento di voler decostruire, se non distruggere, la figura del supereroe come molti la intendono oggigiorno.
Un’idea non del tutto originale, ma sviluppata attraverso diversi punti di vista nella storia della nona arte, e che sarebbe potuta diventare una piccola perla se fosse stata sfruttata al meglio.
Stona un po’ che, diverse volte, i personaggi abbiano effettivamente dei sospetti sulla vera natura delle loro capacità, dato che loro stessi li hanno vissuti in prima persona per praticamente vent’anni: a David, per esempio, basterebbe chiedere di sollevare 200 kg davanti a lei e ogni equivoco sarebbe risolto. Senza menzionare che le scuse inventate dalla dottoressa a volte non stiano neanche in piedi o siano tirate fuori con le pinze.
Tuttavia, come già detto, il film si rivolge più agli spettatori che ai personaggi, nonostante nemmeno noi siamo tratti in inganno, avendo già visto i precedenti film.
Scena più emblematica del film è probabilmente il dialogo a quattro, tra la Staple e i tre protagonisti, nella quale la regia di Shyamalan riesce ad abbracciare tutti i personaggi, come se noi fossimo presenti in quella claustrofobica stanza spoglia dalle pareti rosate, senza musica che non siano i rumori, e ad alternare armoniosamene campi medi a soggettive .


La Bestia, già mostrataci in Split, qui ha molta più presenza scenica, e la sua importanza nella trama cresce scena dopo scena e man mano che entra sempre più in contatto col manipolativo Mr. Glass, e l’interpretazione di James McAvoy nel saper recitare tutte le sue personalità è impressionante.
Il fulcro di questo film, tuttavia, non è tanto il dubbio sull’esistenza o meno dei supereroi, ma l’Uomo di Vetro in persona, Mr. Glass, interpretato da un sempre carismatico Samuel L. Jackson.
In Unbreakable ci viene presentato David, archetipo del supereroe per eccellenza, che vuole fare del bene solo perché ritiene che sia la cosa giusta da fare, come un Superman più umanizzato.
In Split ci viene presentato il “villain”, quello che viene manipolato dal vero acerrimo nemico del supereroe, e che agirà in sua vece, ma che ha comunque in sé una filosofia di vita in parte condivisibile, che combatterà l’eroe con la forza.
Qui, invece, il vero protagonista è Mr. Glass, il suddetto acerrimo nemico di David, il suo esatto opposto, l’uomo disposto a tutto, persino a sacrificare centinaia di innocenti pur di trovare il suo scopo nel mondo, che combatte il Vigilante con la mente, il suo vero superpotere, come un moderno Lex Luthor o Adrian Veidt.
Le sue intenzioni, le sue motivazioni e i suoi intricati piani, per quanto complessi possano sembrare, non risultano minimamente inverosimili. Questo perché ci è già stata data prova dell’incredibile genialità di Elijah e di cosa potrebbe fare per il bene superiore, avendo sviluppato la sua mente più dei muscoli.

Delude un po’ come il film ci faccia credere che, nel terzo atto, si stia avvicinando ad un climax altamente spettacolare e “fumettistico”, ma che arrivi ad un risultato differente da quello che avremmo sperato, seppur resti molto soddisfacente.
Forse questa è un’ulteriore marcatura della decostruzione della filosofia supereroistica nell’era moderna, di come ormai la gente non solo non s’interessa dei supereroi, ma spera vivamente non esistano mai.
Un messaggio pessimista e crudelmente realista, sviluppato in maniera quasi romantica nel susseguirsi della vicenda, soprattutto nel colpo di scena finale.
Tale non è sorprendente come ci ha abituati Shyamalan, però è forse uno dei suoi più significativi e importanti.

Glass, insomma, è un vetro con delle crepe, non è perfettamente liscio o ben levigato, ma nonostante ciò non si frantuma, e riesce nell’utilizzo di fare da schermo tra lo spettatore e la realtà prospettica di Shyamalan.
Un’opera che molti ameranno, altri apprezzeranno ed altri ancora disprezzeranno, o in parte non capiranno.
Ricordiamoci che anche Unbreakable, inizialmente, è stato detestato dalla critica, per poi essere rivalutato ampliamente.
Si spera vivamente che il tanto odiato e amato regista possa continuare con film simili, e che non sprofondi in un altro baratro di mediocrità.

Andrea De Venuto

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