Five nights at Freddy’s: recensione

Direttamente dalla nota serie di videogame nata nel 2014, ecco arrivare in sala un film dedicato al culto di Five nights at Freddy’s, un survival horror che ha per protagonisti alcuni pupazzi animatronici dalle cattive intenzioni.

Insomma un’idea che alla macchina cinematografica non poteva certo mancare di trasporre, attirando quindi l’attenzione del produttore Jason Blum (Insidious, Sinister, La notte del giudizio), il quale tira quindi su un lungometraggio che possa rispettare i crismi del suddetto videogioco.

Per la regia di tale Emma Tammi (già autrice dell’horror The wind), Five nights at Freddy’s in versione live action vede quindi per protagonista la star di Hunger games Josh Hutcherson nei panni della guardia di sicurezza Mike, un uomo afflitto dal suo passato ed ora occupato a prendersi cura della giovane sorellina Abby (Piper Rubio).

Dopo aver perso l’ennesimo lavoro per i suoi costanti problemi comportamentali, il ragazzo trova un nuovo impiego come custode notturno del Freddy Fazbear’s Pizza, un luogo che nei gloriosi anni ’80 era meta per tutte le famiglie, dove ad esibirsi innanzitutto erano un gruppo di pupazzi meccanici canterini, beniamini dei più piccoli.

Apparentemente per Mike è un lavoro senza alcun problema, salvo poi scoprire che tra le mura di quel luogo qualcosa si muove, minacciando la vita di chiunque intenda invadere quegli spazi, custodi compresi.

Giunto dopo il recente avvento di due titoli molto simili nell’estetica e nelle intenzioni quali sono The Banana Splits Movie e Willy’s Wonderland , Five Nights at Freddy’s si presenta agli occhi del vasto pubblico cinematografico con le ovvie intenzioni di voler essere all’altezza della situazione, miscelando macabro ed infantilismo nella sua articolata trama.

E se c’è una cosa che innanzitutto non funziona nel film della Tammi, è proprio questa gran voglia di cambiare le carte verso metà narrazione, passando da uno spunto che sembrava virare nell’horror più diretto e sincero fino ad arrivare ad un altro che si allontana da ogni ipotesi iniziale, cercando di intavolare una storia volta a proseguire in chissà quale futuro franchise.

In sostanza un’opera inconcludente e poco incisiva, Five nights at Freddy’s è un horror all’acqua di rose che non vuole spaventare e neanche giocare al raccapriccio, certo, ogni tanto utilizza qualche jump scare fine a se stesso, ma rende anche ben chiaro che la Tammi non aveva la benché minima idea di come creare un qualcosa che potesse accodarsi al culto del noto videogioco.

Il concetto è che sembra di assistere ad una serie di trame a se stanti e mal amalgamate, con da una parte la faccenda degli animatroni assassini, da un’altra la vicenda del trauma infantile vissuto dal Mike di Hutcherson ed infine il rapporto di quest’ultimo con la sorellina Abby; una serie di elementi che sfruttano malamente le atmosfere dark a disposizione, come anche un cast di supporto inconsistente e totalmente gratuito (la “poliziotta” Vanessa di Elizabeth Lail, lo Steve Raglan di Matthew Lillard).

Non che ci si aspettasse qualcosa come i succitati The Banana Splits Movie e Willy’s Wonderland, ma se Five nights at Freddy’s nelle intenzioni si fosse avvicinato almeno minimamente a questi modesti titoli avrebbe avuto almeno dei risultati degni di nota.

Mirko Lomuscio