Firestarter: recensione

Trasposto già ventotto anni fa in un modesto lungometraggio diretto dal mestierante Mark L.Lester, sotto la guida produttiva di Dino De Laurentiis, intitolato da noi Fenomeni paranormali incontrollabili, che è poi proseguito in un sequel televisivo del 2002 diretto da Robert Iscove, uscito da noi col titolo L’incendiaria, Firestar è un libro scritto da Stephen King pubblicato nel 1980, una storia di poteri paranormali che vede come protagonista una bambina capace di trasformare la gente in tizzoni ardenti, rendendoli cenere.

Uno spunto che ha molte cose in comune con universi fumettistici simil X-men e che oggi, a seguito dell’attuale moda imperante sul cinema dei fumetti, Universal ripropone su grande schermo con una nuova trasposizione, per la regia del Keith Thomas di The Vigil e prodotto dal nume tutelare del new horror Jason Blum, già artefice di successi come Scappa – Get out, Ouija e La notte del giudizio.

A capitanare il cast poco numeroso troviamo l’ex star di High School Musical Zac Efron, qua nei panni del misterioso Andy McGee, un uomo dai poteri paranormali, che condivide questa sua ossessiva particolarità con la sua famiglia: la moglie Vicky (Sydney Lemmons) ma soprattutto la figlia Charlie (Ryan Kiera Armstrong).

Quest’ultima infatti gestisce tali poteri con estremo pericolo, avendo la facoltà di poter dare fuoco a chiunque incontri sul suo cammino; date queste premesse, un potente organo governativo ha intenzione di imprigionare la bambina per poterla poi studiare.

Ma hanno sottovalutato il potere di Charlie, la quale non li lascerà compiere il loro malefico piano.

Nonostante i risultati altalenanti del succitato film di Lester datato 1984, si è comunque decisi di andare verso quella direzione anche con questa nuova produzione e decidere di dare una veste più adeguata al prodotto in questione, magari senza prendersi troppe libertà rispetto allo scritto originale.

I risultati però sono anche peggio di quel titolo anni ’80, qua il regista Thomas riesce a fare anche meno di quanto è stato disposto a raccontare il suo predecessore Lester, abbassando di molto i toni e impoverendo la messa in scena con una fotografia televisiva e una recitazione simil soap opera.

Il nuovo Firestarter è un’interminabile visione di un’ora e trenta minuti che sembra non finire mai, dato il poco coinvolgimento nel racconto e quella voglia di far a meno di effetti speciali degni di nota; infatti, grande punto dolente, è quando arriva il momento di sfoggiare la rabbia pindarica di Charlie, la quale lancia minacciose fiammate rese da effetti speciali che dire miseri è dire poco.

Su questo almeno il film di Lester aveva osato di più, facendo largo uso di spettacolari effetti ottici dell’epoca; qua neanche la minima voglia di voler spiazzare lo spettatore sotto questo aspetto, e cosa ancor peggiore, la scrittura si rende meno chiara nello sviluppo di determinati personaggi, come quello dell’ambiguo killer di origini indiane interpretato da Michael Greyeyes oppure quello del Dr. Joseph Wanless di Kurtwood Smith, che appare giusto una manciata di minuti, nonostante sia un personaggio fondamentale per il racconto.

Nota curiosa la presenza del regista John Carpenter, assieme al figlio Cody e a Daniel A. Davies, come autore della colonna sonora, sembrando anche abbastanza sprecato per il tipo di risultato ottenuto alla fine, date le trascinanti note a base di sintetizzatore che ci propone.

Dire che poi l’intero film intende sorreggersi sulla perfomance di Efron è dire tutto, dato che l’attore stesso non gode di grandi qualità recitative, mentre la piccola Armstrong, per quanto ci provi, non lascia proprio il segno nei panni della piccola emblematica protagonista; tocca ammettere che Firestarter 2022 è un’opera che purtroppo non brilla per totale riuscita, dimostrando che il cinema horror di oggi è sempre più povero di idee e di voglia di sbalordire con idee originali.

Mirko Lomuscio