Fantasy island: recensione

Per molta gente che è stata assiduamente davanti al tubo catodico verso la fine degli anni ’70 l’iconica immagine di Ricardo Montalban e dell’attore nano Hervé Villechaize vestiti di bianco, nel mezzo di una natura paradisiaca appartenente ad un’isola da sogno, voleva dire solo una cosa, Fantasilandia, ovvero un telefilm che ha avuto il proprio riscontro di pubblico in quegli anni, nato nel 1977 dalla mente del suo creatore Gene Levitt.

Adesso, per mano della factory presieduta da quel mentore della new horror quale è Jason Blum, la settima arte ha pensato bene di trasporre per il grande schermo una versione cinematografica di quella serie tv, condensandola di un’aurea mistery che rende l’intera vicenda un qualcosa che possa aleggiare nel puro genere di tensione; per la regia di Jeff Wadlow, autore alle prese con opere alterne come Nickname: enigmista, Never Back Down e Kick-Ass 2, ecco quindi prendere forma il qui presente Fantasy island, cioè una rivisitazione al mondo ospitale abitato dai succitati Montalban e Villechaize ma con un occhio indirizzato verso il puro estro horror.

La storia è quella di un gruppo di persone, Melanie (Lucy Hale), Elena (Maggie Q), Randall (Austin Stowell), Bradley (Ryan Hansen) e il fratello di quest’ultimo Brax (Jimmy O. Yang), che vengono ospitati nella magnifica Fantasy Island, un luogo paradisiaco, disperso nell’Oceano, dove tutto sembra essere possibile; presentati al padrone di casa Mr. Roarke (Michael Pena), questi hanno la possibilità di vedere avverati i propri sogni, desiderando la cosa più profonda della loro esistenza, rimediando magari ad errori del passato che li hanno segnati per sempre.

Ma in verità quel luogo nasconde qualcosa di insidioso, gettando i cinque ospiti verso un incubo tra le palme e il mare azzurro, in cerca di una salvezza difficile da ottenere.

Operazione alquanto bizzarra, questo Fantasy island è un lungometraggio che gioca con forza tutta la creatività che era alla base del plot appartenete al serial da cui proviene; Wadlow, anche autore dello script assieme a Christopher Roach e Jillian Jacobs, costruisce una storia che si sorregge su una serie di sottotrame, ognuna di un genere diverso (abbiamo il dramma sentimentale, la commedia goliardica, l’action militare e l’horror stile torture porn), per poi farle incrociare e divenire un unico prodotto che si costruisce su una caterva di spiegazioni e colpi di scena che dovrebbero intrigare.

In verità, tale espediente risulta tirato per le lunghe ad un certo punto, e, quando si assiste all’ennesimo giro di trama per mettere le carte in tavola, tutto il fascino misterioso del luogo descritto finisce con lo svilire, ma sta di fatto che Fantasy island in versione adrenalinica non è proprio un bluff da buttare, anzi, diverte e intrattiene, gioca le sue guest in modo adeguato (un Michael Rooker in versione sopravvissuto nella foresta, un Kim Coates nelle vesti di narcotrafficante) e tira le somme verso un epilogo che fa luce sull’operazione in sé, virata a dover divenire una sorta di serial che guarda al telefilm di fine anni ’70.

E poi, con tutta franchezza, nonostante non sia un vero e proprio miracolo della cinematografia moderna, Fantasy island di Wadlow riesce a miscelare horror, action, dramma e commedia senza mai strafare, bilanciando bene la sua matrice molto modesta e accattivandosi il favore di un pubblico in cerca di emozioni, da qualsiasi genere queste provengano.

Mirko Lomuscio