End of justice – Nessuno è innocente: recensione

Roman J. Israel, Esquire ,interpretato da Denzel Washington, è un eccentrico nonché eccezionale avvocato che si ritrova senza lavoro poiché il suo anziano socio nonché finanziatore del loro studio ha un infarto e va in coma.

A Roman viene proposto di lavorare per il più giovane George Pierce, un avvocato cinico e moderno, che intende sfruttare le qualità del protagonista per arricchirsi e accrescere la fama del proprio studio.

Dopo aver cercato inutilmente lavoro in associazioni umanitarie e comprendendo la sua difficoltà economica, Roman riluttante accetta nonostante il suo passato da attivista e la sua morale vadano contro i principi dello studio di Pierce.

Denzel Washington da prova di un grande trasformismo con il suo pignolo e ingenuo Roman, dando ad End of Justice un protagonista coinvolgente e quasi ipnotico ma purtroppo la sceneggiatura non riesce ad esserne all’altezza poiché alcune scelte convincenti come l’apertura e la scelta del personaggio di Washington di compiere un atto illegale a scopo monetario nonostante lavori per un facoltoso studio non convincono.

Il film da origine a delle domande come mai per la forte personalità di Roman non si sia puntato sull’introspezione di questo affascinante protagonista che con i suoi eccessi nel volere giustizia straparla cacciandosi in situazioni imbarazzanti come se soffrisse di qualche patologia del comportamento invece di puntare su una paradossale storia di thrilling di cui il patos viene sottratto a causa dell’inizio.

 

Valerio Panzolini

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