Dune: parte due – Recensione

Dopo il successo ottenuto dal capitolo precedente, molto più di critica che di pubblico, nonostante quest’ultimo abbia comunque dato il proprio buon contributo, l’epopea storico fantascientifica di Dune nata dalla mente di Frank Herbert e trasposta dal regista Denis Villeneuve prosegue un proprio personale discorso, giungendo ora in sala con un secondo capitolo e riprendendo le proprie gesta là dove eravamo rimasti con il titolo precedente.

Facendo quindi affidamento nuovamente su un cast all star, capitanato dal giovane Timothée Chalamet nei panni del protagonista Paul Atreides, il noto regista di Blade runner 2049 con questo Dune: parte due si incammina verso una trama che getta molta più azione e spettacolarità rispetto al primo capitolo, cercando di mantenere delle determinate promesse che si erano stabilite sul suo cammino e che i vari spettatori, tra cui i fan duri e puri della matrice letteraria, si sarebbero aspettati di conseguenza.

Salvatisi dall’attacco dei soldati guidati dal micidiale barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgard), Paul e sua madre Jessica (Rebecca Ferguson) trovano la salvezza tra le sabbie del pianeta Arrakis, anche noto come Dune, grazie alla popolazione ribelle che risponde al nome di Fremen; questi, guidati dal leader Stilgar (Javier Bardem), accoglieranno l’arrivo del giovane Atreides soprattutto riconoscendo in lui la speranza di essere l’eletto tanto atteso.

Per dimostrare ciò Paul si porterà sulle spalle l’esigenza di una battaglia che sa molto di vendetta contro il popolo di Harkonnen, affrontando una guerra che vedrà il coinvolgimento di degni alleati come il prode Gurney Halleck (Josh Brolin) e l’amata Chani (Zendaya), ma anche il pericolo di micidiali avversari quali sono Beast Rabban (Dave Bautista) e Feyd-Rautha (Austin Butler), senza dimenticare il peso decisivo dell’Imperatore (Christopher Walken) e di sua figlia, la principessa Irulan (Florence Pugh); elementi che faranno il loro corso in questa sanguinaria battaglia delle spezie.

Date le premesse del primo Dune l’asticella rivolta ad un prodotto atto a gettarla in gran parte sulla spettacolarità era più che ovvio in questo proseguimento, tanto che Villeneuve non delude certamente tali aspettative, creando nuovamente un qualcosa che visivamente e a livello sonoro risulti essere una vera e propria esperienza cinetica.

Gli scontri aumentano e il senso dell’azione è molto più condensato in Dune: parte due, senza ovviamente rinunciare a tutto il sottotesto filosofico del caso che i libri all’origine regalavano di pagina in pagina; Villeneuve crea una convincente fantascienza multietnica e multiculturale con la sua saga, rispecchiando in questa vicenda parecchi riferimenti a realistici scontri culturali tra Oriente ed Occidente, i quali vanno ben oltre il solo elemento fantasioso.

Un kolossal che pulsa fascino e professionalità Dune: parte due, su questo non c’è dubbio, certo rimane sempre il problema del fattore “alta ambizione” col cinema di Villeneuve e anche in questo lungometraggio possiamo scorgere parentesi parecchio sentite e che potrebbero risultare anche fini a se stesse, creando un piccolo spazio di noia nelle interminabili due ore e quaranta di durata.

Dopotutto nel complesso ci troviamo di fronte ad una cinematografica epopea fantascientifica che farà il proprio corso nel decennio corrente, con il suo ricco cast (i citati Brolin, Ferguson, Bardem, Zendaya, Walken, Pugh, Butler, Bautista, Skarsgard, più Lea Seydoux, Charlotte Rampling e Anya Taylor-Joy) che in tutta franchezza non merita di essere guidato da uno Chalamet abbastanza sciapo ma che a conti fatti riesce ad imprimere un degno immaginario, visivo, ideologico e produttivo.

Un’operazione blockbuster fatta a tavolino che miscela autorialità ed intrattenimento, seppur il primo elemento tende a voler fagocitare il secondo senza fare i conti con il fattore primario di queste mega produzioni; ovvero quello di dover incassare assolutamente.

Mirko Lomuscio