Duma Key: recensione

Doveva arrivare il momento in cui avrei iniziato a parlare del mio Maestro. Bene. Eccolo cari amici.

Oggi mentre spostavo la mia collezione di Stephen King per via di imminenti lavori a casa (sigh) ho tenuto questo volume tra le mani, l’ho sfogliato, ho scorso i miei commenti e segnalini vari sulle pagine più belle, e provato il desiderio di rileggerlo.

Duma Key è una di quelle storie in cui il Re dà il meglio di sé.

La storia è ambientata in una casa sulla spiaggia. Su un’isola (Duma Key, appunto). Il mare, il fruscio delle onde sulla sabbia, i tramonti e le navi che solcano silenziosamente le acque, sono elementi di base della narrazione. Il protagonista è un uomo che a seguito di un terribile incidente, scopre un’inedita passione per l’arte. Per alcuni sarà facile capire come mai possa sentire questa storia tanto vicina a me (anche se non ho mai avuto un terribile incidente, grazie a Dio).

La casa però, custodisce una storia dolorosa e terribile. Nelle acque della baia si è consumata una tragedia. L’improvvisa attitudine per la pittura del nostro Edgar è in realtà il tramite con cui qualcuno (o qualcosa?) tenta di comunicare con lui. Nel contempo è occasione per il nostro Stephen per esplorare e illustrare la complessità e il dipanarsi del processo creativo alla base della produzione artistica. Una costante della sua poetica.

Ci sarebbero tante cose che mi piacerebbe dirvi, della bellezza e della potenza delle immagini e delle descrizioni (sempre un pezzo forte del nostro Stephen), della costruzione della psicologia del personaggio, e della sua evoluzione e crescita, pagina dopo pagina. Ma lascio alla vostra curiosità scoprirle, leggendolo. Mi limiterò a evidenziare qualche elemento narrativo interessante. A cominciare dall’incidente del protagonista (nel quale ha perso un braccio) che è divenuto un altro tema ricorrente della poetica del King post-incidente (SK è stato investito e quasi ucciso poco lontano da casa, nel corso di una delle sue solite passeggiate, nel 1999. Dall’incidente è uscito con un’anca, varie costole, la colonna vertebrale e molto altro in frantumi.)

La prima parte del libro è incentrata sulla frustrante perdita di memoria di Edgar dopo l’incidente, della lunghissima terapia e riabilitazione, del rapporto con i medici, in particolare con il suo psicoanalista, che gli consiglierà caldamente di ricominciare una vita nuova in una casa nuova, con una bambola (sì, proprio una bambola, di nome Reba, con cui Edgar finirà per fare lunghe chiacchierate) che lo aiuti a gestire la rabbia. Non è una scelta casuale. Sono questi ora i veri demoni della vita di Stephen, (destinati a diventare inevitabilmente anche quelli di noi lettori appassionati): la perdita dell’intelletto e della possibilità di usare del nostro corpo. Naturali strascichi di un’esperienza traumatica come quella che lui si è trovato a vivere.

C’è poi la scoperta della casa, dell’isola, dell’ambiente circostante, dei vicini di casa, in particolare Wireman, bellissima figura di amico, che prepara un the verde eccezionale, parla spesso in spagnolo, ed è appassionato di rock. Anche lui uomo da un passato complicato, che si occupa dell’anziana Elizabeth Eastlake, di fatto la proprietaria dell’isola. Proprio Elisabeth, ormai ridotta al silenzio da una malattia degenerativa in stadio avanzato, è stata testimone dei fatti che dal passato arriveranno a tormentare Edgar.

E questa è la parte più bella. Il soprannaturale, il dialogo con entità non presenti al nostro livello di percezione, la comunicazione psichica, i sogni e le visioni che si presentano impreviste e agghiaccianti, ma non riescono a dissuadere Edgar dalla ricerca della verità. L’orrore sta in particolari banali, e qui è la grandezza di Stephen King. Nella sua capacità di rendere l’ordinario terrificante. Di non lasciarci possibilità di sfuggire alle paure che è in grado di suscitare in noi.

Codificando i messaggi criptici di Miss Eastlake, e giungendo a esplorare una parte remota e inaccessibile dell’isola, abitata da presenze inquietanti, Edgar arriverà alla fine del suo viaggio. E come sempre sarà salvifico e liberatorio. Ma con questo non sto dicendo che il libro finisce bene 😉

PS : Preparatevi ad andare a comprare fogli da disegno, matite e acquerelli. Attorno a metà libro il vostro desiderio di dipingere sarà irrefrenabile.

PS 2: Fate caso ai deliziosi incipit dei capitoli.

 

Eleonora Carta

©Riproduzione Riservata