Diabolik: recensione

Progetto a lungo inseguito dal duo di fratelli registi Marco e Antonio Manetti, Diabolik, famosa creatura dei fumetti nata nel 1962 alla mente delle italiane Angela e Luciana Giussani, è ora divenuto un progetto dalle forti ambizioni, una produzione di tutto rispetto del nostro paese pronta ad approdare in sala cercando di spodestare la concorrenza cinecomic americana dai botteghini cinematografici tricolore.

Nonostante un precedente di tutto rispetto, e cioè la pellicola del ’68 diretta da Mario Bava con John Phillip Law quale protagonista, i registi di opere come Zora la vampira e Song’e Napule tentano la loro di versione cinematografica, coinvolgendo nella lavorazione volti del cinema italiano d’oggi di grande richiamo; nei panni del micidiale ladro protagonista troviamo il lanciatissimo Luca Marinelli, ormai molto richiesto dopo l’exploit di Lo chiamavano Jeeg Robot, mentre in quelli di Eva Kant la bella Miriam Leone e in quelli del tenace ispettore Ginko la presenza di Valerio Mastandrea.

Un tris di interpreti calibrati che guidano lo stuolo di facce note qua presenti, alcune anche care al cinema dei Manetti (Alessandro Roja, Serena Rossi, Antonino Iuorio, Claudia Gerini), ai quali spetta il compito di uniformare l’universo creato dalle sorelle Giussani.

La trama prende avvio verso la fine degli anni sessanta, quando a Clerville, località immaginaria, approda la nota Lady Eva Kant (Leone), la quale, alloggiando al Grand Hotel Excelsior, porta con sé un gioiello prezioso che potrebbe far gola a un qualsiasi ladro.

Ma il criminale numero uno del luogo, Diabolik (Marinelli), non è proprio un malvivente come gli altri, anche perché le sue doti particolari gli danno modo di farla sempre franca con la polizia, nonostante i continui affronti del preparatissimo ispettore Ginko (Mastandrea).

Da qua prende avvio una lunga sfida tra la legge e la criminalità, con lunghi inseguimenti e inaspettati raggiri, dove nel mezzo possiamo trovare un diretto confronto tra gli stessi Diabolik, Eva Kant e Ginko.

Cavalcando la moda attuale del cinema fumettistico, la premiata ditta Manetti bros cerca di lasciare un segno a riguardo, inconsci del grande rischio che l’operazione premetteva sin dal principio.

Sta di fatto che la resa totale del tutto non è che faccia urlare allo scandalo, grazie a quella messa in scena sixties e quei ritmi tipici di un cinema retrò, molto vecchia maniera; ciò che non convince pienamente è la scelta degli interpreti, protagonista in primis.

Nonostante Marinelli sia un attore dalle qualità riconosciute e consolidate, la parte del famigerato ladro del mondo dei fumetti non è proprio adatta ai suoi connotati, troppo marcati esteticamente e poco incisi a livello vocale, una conferma non promossa che purtroppo lesina alla resa finale del film stesso.

La scelta sbagliata del protagonista porta con sé gran parte della malriuscita di Diabolik, calcolando anche il miscasting di Mastandrea in versione Ginko, ma possiamo trovare un lato positivo con la presenza della Leone in versione Eva Kant, ruolo che le sta a pennello; in aggiunta, di buono, possiamo anche citare qualche momento ben memore delle avventure su carta delle Giussani.

Certo avrebbe giovato una durata ben inferiore delle due ore e tredici minuti di cui è composto questo Diabolik, in cui possiamo notare più di una gratuita lungaggine durante la visione, ma in tal proposito possiamo solo augurarci che il seguito ormai annunciato della qui presente opera (due sequel sono in lavorazione) possano solo imparare dagli errori qua commessi, ed il fatto che il mago del crimine sarà interpretato dall’annunciato Giacomo Giannotti e non da Marinelli è già una ben visibile nota positiva.

E magari ci dimenticheremo anche di questo mezzo passo falso commesso del primo Diabolik firmato Manetti bros.

Mirko Lomuscio