Di sole al tramonto e di seta rossa

È la prima volta che mi approccio a questo fandom, quello di “Buffy” e spero di aver mantenuto i personaggi abbastanza IC.

Ho da fare due menzioni in particolare:

– La prima va alla storia di Unbridled Brunette “Forward to time past”, la cui lettura, e rilettura, mi ha fatto innamorare di nuovo del personaggio di Spike, e della coppia Spike/Buffy.

A questa autrice, nonché alla traduttrice della storia su efp, devo molto. Mi è stata di grande aiuto nella stesura del vampiro William ai suoi esordi e al periodo che egli vive sul finire del 1800, insieme a Angelus, Darla e, naturalmente,  Drusilla.

– La seconda va a questo blog, in particolare a questo articolo, la cui lettura è stata illuminante per la stesura della One Shot, è per capire bene come inserire la questione “bordello” richiesta dal pacchetto del contest.

Vi auguro una piacevole lettura.

Londra,  maggio  1885

Erano già passati alcuni anni da quella lontana notte del 17 ottobre del 1880, nella quale l’incontro con la bella e folle Drusilla lo aveva trasformato in ciò che era adesso: un vampiro.

Non che a Spike dispiacesse quella vita, ma ogni tanto qualche ricordo patetico dell’uomo che era stato si affacciava nella sua mente, un frammento spiacevole di una vita che lui stesso non aveva esitato a lasciare, eppure non riusciva a lasciare andare quel frammento di umanità perduta tanto facilmente, neppure annebbiando la mente con fiumi d’alcool.

Lo chiamavano William il “sanguinario” quando era in vita, per via delle sue poesie definite talmente terribili da urtare le orecchie fino a farle “sanguinare”.

Ironia della sorte ora, per tutti, lui era Spike il sanguinario, e non certo per i versi sgraziati, ma per i segni lasciati sui corpi delle sue vittime.

Spike sbuffò infastidito da quel tempo umido e dannatamente piovoso. Aveva vissuto in tanti posti, ma il clima dell’Inghilterra non gli era mai andato giù, rendeva il suo umore ancora più cupo e i suoi pensieri pesanti e ancora più violenti.

Aveva voglia di uccidere, per non pensare.

Non era da lui comportarsi come una bestia, come Angelus, il suo Sire, colui che si divertiva a torturare e poi uccidere tanto per il piacere di sentire la sofferenza e l’odore della paura addosso alle sue vittime. No, Spike si riteneva migliore e cacciava solo per necessità, o per compiacere la povera Drusilla che nella sua inconsapevole follia assomigliava ad una bambina capricciosa, ma innocua. Una farfalla a cui siano state inchiodate le ali per impedirne il volo e la fuga. È una prigione fatta di parole e gesti è molto peggio che la morte. E a torturare la bella dama dai lunghi capelli neri e dagli occhi di fata, troppo brillanti per essere veri era stato sempre lui: Angelus.

Il vampiro si accorse di provare un profondo odio verso il suo Sire, però sapeva anche che non poteva contrariarlo, né pensare di andarsene per la sua strada senza la sua protezione, o più propriamente senza il suo consenso. Angelus gli avrebbe fatto terra bruciata intorno, lo avrebbe inseguito, affamato, braccato come una delle sue stesse fragili e biondissime prede e lo avrebbe costretto alla resa.

Lui era pur sempre un novellino rispetto al grande Angelus, il demone che aveva terrorizzato mezza Europa per secoli, secondo solo al grande Dracula, Spike sapeva che lasciare il gruppo, sfidandolo apertamente significava entrare in scontro aperto.

Una lotta tra vampiri da cui lui, senza sostegno, ne sarebbe uscito sconfitto.

Pensava e ripensava quella notte William, doveva farsi “un nome”, guadagnarsi il rispetto in quel girone di dannati, così iniziò a pensare a cosa avrebbe potuto fare per scalzare il borioso Angelus dal suo trono di vampiro intoccabile.

“A che cosa pensi mio caro?”

La voce di Drusilla gli arrivò fastidiosa alle orecchie, nonostante la vampira, sua amante, avesse usato un tono dolce, carezzevole, quasi mellifluo, come era solita fare.

Spike le prese il volto con forza, innervosito e la spinse contro un muro, per poi baciarla senza chiederglielo. Lei rise e nei suoi occhi c’era una certa rassegnazione, ma anche una certo divertimento . Il vampiro non riusciva a spiegarsi come potesse lei risultare sensuale, pur senza troppa malizia nei modi e nello sguardo. Il suo sembrava un gioco di bambina, ogni sua carezza sembrava sempre acerba, ma decisa, come quella di qualcuno che scopre per la prima volta un mondo nuovo e allettante.

“Oh, il mio povero William è arrabbiato…” disse lei con una vocina a metà tra il sorpreso e il canzonatorio.

“Non chiamarmi William, sai che non mi piace quando mi ricordi che ero”. Le ringhiò Spike, soffiandole le parole a pochi centimetri dal viso.

Il suo vestito era bagnato di pioggia, la seta rossa e i pizzi neri le aderivano al corpo, mettendo in mostra le forme e i fianchi sinuosi.

Spike ebbe un impulso irrefrenabile di possederla lì, in quella strada deserta, ma si trattenne quando percepì, grazie ai suoi sensi acuiti da vampiro, la presenza di Angelus che si avvicinava con un’espressione divertita e quasi soddisfatta appiccicata sul volto squadrato e eternamente immutabile.

“Ah i giovani di oggi… non sanno tenere a freno gli istinti” li canzonò Angelus, sapendo perfettamente che le sue parole erano rivolte prevalentemente a Spike, dato che Drusilla, per lui, era diventata solo una bella bambola rotta e inservibile, dopo che Angelus l’aveva torturata e piegata fino a farla impazzire.

“Cosa vuoi Angelus?” Domandò brusco Spike al suo sire, staccandosi di malavoglia da Drusilla.

Spike non amava la vampira che lo aveva scelto come compagno, ma si sentiva comunque legato a lei, un po’ perché Drusilla era stata quella che lo aveva risvegliato come vampiro; un po’ perché una volta compresa la sua triste sorte, in qualche modo si sentiva responsabile per lei, per quello che Angelus le aveva fatto, portandola ai margini di se stessa, definendola addirittura il suo “capolavoro”.

“Ehi William, perché ti mostri ostile? Darla e io abbiamo avuto un’idea per farvi svagare un po’ stanotte, beh soprattutto per te…” asserì Angelus guardandolo con sufficienza,

“Mi sembri sciupato, sottotono. Non stai sfruttando tutte le possibilità che questa città ti offre” continuò il vampiro dalla mascella squadrata e dall’espressione sempre cupa in volto.

“Solo perché non vado in giro a succhiare via il sangue da qualsiasi cosa che si muove, non vuol dire che non mi sappia divertire…” gli rispose Spike a tono, non nascondendo il disprezzo verso il modus operandi del vampiro più anziano.

Angelus strinse Darla a sé in un gesto possessivo e lasciò che il proprio sguardo carico di sfida e di tensione parlasse da sé, ma Spike non sembrò cogliere la minaccia.

“Parli proprio tu che se non usi i chiodi, fai quasi più male coi tuoi versi pietosi”.

“Almeno io so distinguere le parole e apprezzo la letteratura e la scrittura. Lo stesso non si può dire di te, che sei troppo impegnato a terrorizzare vergini e ragazze bionde…” Spike sapeva di star camminando sul filo con Angelus, ma in quel momento non gli importava, voleva solo che si togliesse di torno, lasciandolo stare. Se per aver un po’ di tregua da quel demone dall’ego smisurato doveva fare a pugni, allora Spike era pronto. Serrò i pugni e si irrigidì in attesa della reazione dell’altro, che lo sorprese.

Angelus gli diede una pacca sulla spalla, quasi ridendo.

“Hai proprio bisogno di distendere i nervi William…”

Angelus ignorò l’occhiata furente del vampiro più giovane e lo sorpassò accarezzando la guancia a Drusilla, gesto che fece montare dentro una rabbia cieca e silenziosa a Spike, il quale giurò a se stesso che prima o poi avrebbe fatto pagare il conto a Angelus per tutti quei suoi atteggiamenti odiosi.

“Mia dolce Dru, tu cosa ne diresti di sangue giovane, fresco ed eccitante?” Le domandò Angelus quasi come fosse una proposta indecente.

“Perché no? Ma solo se posso scegliere io le vittime… mi piace quando implorano sperando di salvarsi…” rispose la vampira con  uno sguardo pericolosamente euforico e malizioso.

“Imploreranno, imploreranno… come potrebbero resistere ad una tale meravigliosa creatura della notte?” La addolcì Angelus, mentre Darla sbuffava infastidita dalle attenzioni del suo compagno verso quella pazza di Drusilla, specularmente a come si sentiva Spike a vedersi scavalcato da Angelus nei pensieri della mora.

“Venite su, è ora. Questa notte si va a caccia in un posto speciale…” incalzò Angelus avviandosi verso la periferia cittadina di Londra.

“E sarebbe questo il tuo posto speciale?” Esordì William restituendo ad Angelus una faccia tra il disgustato e il deluso.

“C’è odore di viscere, alcool e sesso…” rispose Drusilla tutta entusiasta, come una bambina in un parco giochi.

“Certo, questo è il miglior bordello della città. Un posto di lusso, per gente di lusso…” Angelus sottolineò l’evidenza con la sua espressione migliore.

“Alla fine una volta che si sbottonano la patta e alzano le sottane sotto tutti uguali, ricchi borghesi, o poveri che siano…”

“William, William… dove è finito il tuo romanticismo?” Lo canzonò la bionda Darla, lui la detestava e non la guardò nemmeno quando le rispose, fingendo che non fosse nemmeno lì.

“È morto. Sepolto insieme alla donna a cui dedicavo le mie poesie…”

Non c’era rimpianto, o nostalgia, in quelle parole, solo una constatazione di qualcosa di lontano e non più importante.

“Posso entrare… posso? Posso?” Drusilla scalpitava, non vedeva l’ora di assaggiare la paura e il sangue di quegli ignari frequentatori del bordello.

William la cinse per i fianchi e soffiandole sull’orecchio le disse di divertirsi, ma senza esagerare, era pur sempre un uomo, un vampiro, con un certo orgoglio e una certa dose di gelosia verso di lei. Drusilla era stata l’unica persona, dopo la sua morte, che avesse dimostrato di tenerci, certo, a modo suo, ma William ora che era un vampiro certo non pretendeva chissà quali gentilezze, gli bastava solo qualche parola di incoraggiamento e sentire qualcuno accanto nelle notti più oscure e pesanti per la sua coscienza senza anima.

Il vampiro seguì con lo sguardo Drusilla, Angel e Darla entrare, dopo essere stati invitati, nel locale, poi alzò lo sguardo su una vecchia insegna che probabilmente recava non il vero nome del bordello, clandestino. Un nome legato a qualche attività di copertura, forse di un sarto, un artigiano o roba simile, poiché si leggevano, tra lettere consumate dall’incuria, queste parole: Sun, Red e poi una S ed una L. Tutto il resto era stato cancellato volutamente.

William si passò una mano tra i capelli castano chiari, soppesando il pensiero di unirsi agli altri suoi compari di bevute o meno.

Drusilla lo anticipò circondandogli la schiena e le spalle da dietro, le sue parole quasi un miagolio da gatta nelle orecchie.

“William, tesoro, non vuoi venire a giocare? Ci sono tante cose divertenti e tanti bei ricami…” Spike non capì subito cosa intendesse la mora, ma la risposta gli arrivò chiara alla mente, e alla vista, quando si lasciò trascinare controvoglia dentro il bordello, dalla sua compagna.

L’ambiente era scuro e pieno di odori e rumori differenti. Eccitazione, paura, alcool, fumo, rabbia, gemiti, grida e violenza, tutto mescolato e distribuito in quegli spazi angusti e poco luminosi.

Sembrava come se tutto il non detto, tutto il sordido e il marcio degli esseri umani fosse condensato lì, tra un amplesso, una fumata e una bevuta.

E non era solo i comportamenti degli uomini a incuriosire e a infastidire William, ma anche quelli delle donne, di tutte quelle giovani e meno giovani creature femminili che davano via il proprio corpo in cambio di denaro e di qualche malattia venerea sicuramente incurabile e penosa.

Donne Perdute” le chiamavano tutti quei falsi puritani, borghesi, bigotti, appartenenti ad una società che vietava qualsiasi cosa, così come dettava legge per ogni ambito della vita sociale e privata.

Lo sapeva bene William che nei suoi trent’anni di vita da uomo libero, aveva avuto modo di sperimentare sulla propria pelle quanto fosse importante attenersi all’etichetta.

Ogni cosa era stata codificata da un manuale e ci si doveva attenere scrupolosamente, persino nei rapporti intimi tra marito e moglie, che finivano per rassomigliare più ad un supplizio che a qualcosa di davvero appagante.

La brava moglie doveva stare a casa a badare ai figli e nel letto doveva stare ferma, immobile, attendere il marito, possibile senza godere né genere. Lo stesso doveva fare il marito, a luci spente, senza carezze o nudità, o movimenti eccessivi. E tutto doveva essere finalizzato a generare prole, guai a cercarne solo mero piacere.

Non si stupì più di tanto, il giovane vampiro, che quindi quel genere di luoghi, quelle case proibite, pullulassero di clienti e donne compiacenti, carne giovane e delizia di uomini repressi e frustrati. Alcune di queste donne grazie ai soldi dei loro fedeli avventori, che le trattavano quasi come seconde mogli, amanti fisse e vezzeggiate, potevano quasi arricchirsi e crearsi una fama nel giro.

Certo c’erano anche le eccezioni, ma non quella sera, non in quel locale.

“Se vuoi scelgo io per te mio caro, hai bisogno di bere e non dev’essere sangue qualunque, ma il più dolce e prezioso per il mio William…” gli suggerì Drusilla sfiorandogli la guancia scavata con le labbra carnose e dipinte di rosso carminio.

“Tranquilla, non ho fretta di mangiare…” le disse Spike “raggiungi gli altri e divertiti” il vampiro la spinse nell’altra stanza da dove provenivano gemiti e versi inequivocabili. Un uomo non molto più anziano di Spike si stava dando da fare con una ragazza biondiccia ramata che gli stava seduta sopra a cavalcioni, con le sottane alzate fino alle cosce.

William stava per proseguire al piano superiore, quando proprio il particolare della pelle lattea di lei e la sfumatura dei capelli lo bloccarono sul posto.

Cecily Adams.

Il pensiero di lei lo attraverso come un fulmine rabbioso elettrico è distruttivo, riaccendendo un antico, ma non troppo rancore. Il suo verso Cecily non era stato solo un amore non corrisposto. Quella donna lo aveva deriso, insultato pubblicamente quando era vivo, gettando addirittura le poesie, che lui le aveva dedicato, nel fango.

Era successo una sera di alcuni anni prima. William era stato invitato dal padre di lei per partecipare ad una cena in onore del suo ventesimo compleanno e William, all’epoca follemente innamorato di quella ragazza dal sorriso di neve e dai capelli color del grano (1), aveva pensato che non ci fosse un’occasione migliore di quella per dichiararle il suo amore.

Le aveva comprato una collana di perle, modesta, ma elegante e aveva composto per lei una poesia, vergandola di suo pugno su carta rifinita d’oro.

William serrò la mascella ripensando a tutta la scena, patetica è ingiusta di cui lui era stato protagonista è testimone.

Cecily, sciocca cameriera egoista e viziata, lo aveva rifiutato deridendolo e gettando via la poesia e la collana che le aveva donato, come se fossero state sterco di piccione.

William voi siete meno di niente per me…

Il giovane William aveva incassato quel gesto, e quelle parole, con un decorosissimo silenzio, ma dentro aveva sentito qualcosa spezzarsi, forse il suo cuore, o più probabilmente la sua autostima.

Ovviamente Cecily non poteva sapere che era stato a causa della sua condotta che poi lui era ubriacato finendo ad essere vampirizzato e asservito da Drusilla. E non lo poteva sapere neanche quella ragazza perduta, senza nome, che adesso stava dando un discreto piacere al giovane uomo sotto di lei.

William, non visto, si appoggiò allo stipite della porta rimanendo nascosto dietro una pesante tenda polverosa, la quale doveva fingere da separè tra una stanza e l’altra. Il vampiro, da quella angolazione, si gustava i movimenti esperti, sinuosi e ritmici della ragazza che si muoveva su e giù lungo l’asta del suo amante, gemendo e ansimando, mentre le mani di lui le artigliavano  indecorosamente i seni pieni ed esposti.

La fanciulla non doveva avere più di vent’anni, ma sembrava già molto più esperta per la sua eta, William si chiese quanto gli uomini, tutti, fossero disposti a pagare per giacere con lei. Averla tra le mani doveva essere una delizia, come la più dolce delle creme dopo un pasto abbondante.

Un vero peccato” disse Spike quasi a fior di labbra.

“Posso Will… posso?” Chiese Drusilla che chiaramente aveva adocchiato il ragazzo che stava con la bionda ramata dalla pelle lattea.

“Certo… ma aspetta almeno che abbiano finito. Ogni condannato merita almeno un ultimo desiderio prima di morire…” la fermò Spike, mentre lei già si gustava la preda con gli occhi languidi e assetati.

I due amanti si separarono poco dopo e lei si diresse al piano superiore, non prima di aver risistemato il vestito ed infilati i soldi guadagnati nel leggero corsetto che le conteneva il seno.

Drusilla raggiunse sicura il giovane, fingendosi una prostituita del bordello e William andò dietro alla bella, che così tanto gli ricordava Cecily.

La raggiunse alle spalle, lei sussultò piano, in un modo incantevole.

Un vero peccato” disse ancora Spike accarezzandole il collo alla base della nuca.

“I clienti non sono ammessi qui…” gli disse lei senza guardarlo e vedendo che lui non si scostava ma sorrideva lo guardò e prese la decisione sbagliata.

“Va bene, ho appena concluso con un cliente, ma dato che sei così carino, forse potrei fare un’eccezione per te” disse lei soppesando la possibile di una generosa mancia non prevista.

La ragazza se lo tirò appresso senza troppi complimenti all’interno della piccola stanza da letto.

Lo fece sedere sulla sedia, accanto al letto e iniziò a sbottonargli i calzoni.

Mentalmente Spike ringraziò quella ragazza per aver preferito la seggiola al letto, il solo pensiero di quante persone avevano lasciato umori e odori, peraltro ancora persistenti, su quel materasso di bassa lega, lo faceva rabbrividire.

William ebbe l’istinto di fermarla, ma era pur sempre un uomo e la ragazza ci sapeva fare. Si concesse di guardarla mentre con le labbra e la lingua giocava e succhiava la sua erezione, si soffermò sui suoi capelli mossi semi raccolti sulla nuca.

Alcune ciocche bionde ramate sfuggivano all’acconciatura sfiorando la oelle liscia è perfetta del collo.

Lei non era Cecily, eppure William continuava a sovrapporre l’immagine dell’amata che cinicamente è quasi per gioco aveva calpestato il suo cuore, a quello della giovane prostituta che ora si stava dando da fare per dargli piacere.

Emise un suono di soddisfazione simile a un grugnito rabbioso, se fosse stato ancora il vecchio William, il casto, perdente, e morigerato William, per una cosa del genere si sarebbe subito confessato e poi fustigato per giorni. Ma quell’uomo timorato di Dio e rispettoso dell’universo femminile tutto, non esisteva più. Al suo posto c’era un’entità, un qualcosa che lo faceva solo apparire uguale a se stesso, ma in realtà ne aveva cambiato ogni cosa, lasciando intatta solo l’apparenza a esteriore.

Lui era un vampiro, ecco cosa era, e i vampiri non hanno una morale, non più. Sono come bestie assetate di sangue di paura e di lotta, senza più limiti, l’unico freno per William, forse il più importa mate , quello che lo faceva sentire diverso dagli altri vampiri della sua cerchia, la sua nuova famiglia notturna, erano o ricordi. I ricordi, e i sentimenti, legati alla sua vita da inutile è patetico rampollo borghese, e più cercava di dimenticarlo e più quelli scavano nell’oblio in cui li aveva costretti per tornare alla luce del sole (metaforicamente parlando) nei momenti meno opportuni.

Poco prima di raggiungere il piacere nella calda e accogliente bocca di lei, della sconosciuta che sembrava uscita da un quadro Preraffaellita, e che tanto gli ricorda le donne del Botticelli, ecco che si fece vivido il pensiero di Cecily, davanti ai suoi occhi pieni di liquido godimento.

William, siete ridicolo… come avete potuto anche solo pensare che io potessi ricambiare il vostro interesse… ditemi, davvero eravate   convinto di conquistarmi con una delle vostre sciocche e -sanguinanti- poesie?” Aveva detto Cecily con voce piena di scherno. Aveva riso poi e, il suono di quella risata, era stato per William,  come subire una pugnalata in pieno petto.

Non l’aveva perdonata no, come non si era perdonato nemmeno lui del resto, per aver provato un amore così cieco e infantile.

“Alzatevi”

Il tono deciso di William non ammetteva repliche. Si rivestì e le girò intorno fino ad invertire le posizioni, facendola accomodare, a sua volta sulla sedia.

“Non volete che continui?” Chiese un po’ perplessa la giovane donna dalla chioma color del sole al tramonto, facendo lievemente ondeggiare il vestito leggero e candido che indossava, fasciato in vita da un’impalpabile, quanto elegante, fusciacca di seta rossa.

“C’è tempo per il resto… come vi chiamate?” William le sorrise accarezzandole i capelli, scendendo fino a sfiorarle i fianchi ampi e morbidi sotto al tessuto.

“Amber… mi chiamo Amber” balbettò quasi lei,  in risposta a quegli occhi azzurri troppo famelici e ipnotici.

Il suo nome di lei, pensò il vampiro, si adattava perfettamente alla sua figura che ricordava nei toni sia l’ambra che la neve, lui dopo un’ultimo sguardo attento al corpo di lei, le prese la mano e, con infinita delicatezza, la fece alzare nuovamente in piedi. In tutta quella sua innegabile bellezza e sensualità c’era un dettaglio che a William stonava: il colore rosso del nastro che le metteva in risalto le forme. Gli ricordava troppo da vicino la fissazione di Drusilla per il sangue vivido, nonché il colore degli abiti che soleva indossare la sua Cecily, che in realtà sua non era mai stata, se non nei sogni più sordidi nelle notti più calde.

Il giovane vampiro con un movimento lesto e studiato sciolse e gettò a terra il nastro, poi le girò intorno sollevandone con una mano la veste fino a sfiorare con le dita l’interno delle cosce calde e morbide, mentre con l’altra mano le vezzeggiava la spalla semi scoperta.

Amber gemette lievemente e si appoggiò con tutta la schiena al torace di lui, per quanto fosse abituata a giacere con svariati uomini per denaro, non aveva mai trovato qualcuno che la facesse sentire così, come se tutto quello che desiderava in quel momento fosse lasciarsi andare, inseguendo il piacere e il brivido che quel giovane uomo sconosciuto le stava donando.

Quei pensieri però andavano contro la prima, e forse la più importante, regola del mestiere di “donna perduta”: mai farsi coinvolgere da un cliente.

“Non mi avete detto nemmeno il vostro nome…” cercò di dire lei, più per riprendere le redini della situazione che per altro.

Parlare le faceva riacquistare una certa lucidità, anche se Amber sentiva in tutto il proprio corpo il brivido dell’eccitazione, ma anche un certo timore, come un avvertimento, un pericolo imminente, che però non riusciva a spiegarsi. Come se il cervello le suggeriva di fuggire, mentre il suo corpo, incurante, se ne restava lì fremente, in balia di quelle carezze e di quell’uomo così particolare e silenzioso.

“Tra poco non avrà più nessuna importanza…” asserì criptico William, mentre si beava dell’eccitazione di lei, in risposta alle sue carezze.

Le fece inclinare la testa da un lato, scostandole un ciocca di capelli dal collo, esponendo le vene e le arterie quasi fin troppo marcate sotto quella sua pelle chiarissima e serica. Quando Amber iniziò a fremere e contrarsi, poco prima che la ragazza raggiungesse l’apice del piacere con l’orgasmo, William scoprì i denti, cambiò espressione, assumendo i tratti grotteschi e spaventosi del demone quale era, e affondò i canini letali nella carne, risucchiando voracemente tutto il sangue dal suo corpo.

Amber quasi nemmeno se ne accorse: morì così, tra un gemito e un respiro strozzato, con ancora le dita umide di lui tra le sue cosce.

William si staccò da lei, si ripulì il sangue dolciastro dalla bocca e la adagiò sul giaciglio, come se dormisse.

Quella fanciulla era stata una sua vittima certo, forse anche predestinata, ma mentre lasciava la stanza, portando con sé il nastro di seta rossa che aveva abbellito fino a pochi minuti prima il corpo giovane e pieno di vita di Amber, William si sentì insoddisfatto e forse un pochino dispiaciuto.

“Un vero peccato…” ripeté tra sé, mentre raggiungeva gli altri del gruppo in fondo al locale.

Al vampiro vennero in mente alcuni versi di una poesia contemporanea, che gli era capitato di leggere anni prima, quando ancora covava l’illusione di poter avere un futuro come William Pratt, marito devoto e padre di famiglia accanto alla bella Cecily, prima di esser conosciuto dai più solo come Spike, il sanguinario…

“Come un serial killer

faccio pagare alle altre donne

la colpa

di non essere te” (2)

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Samanta Crespi

© Riproduzione Riservata

Note al testo:

  • Mi sono presa la libertà poetica di modificare, in questa storia e per questo specifico contest. I tratti somatici di Cecily Adams, l’amore di William, per renderli in contrasto con quelli di Drusilla e simili ai tratti della prostituta Amber. La scelta dei colori chiari dei capelli, della pelle e degli occhi è voluta, anche per richiamare il quadro da me scelto per questo contest: “la Venere” di Botticelli. Trovate il vero aspetto di Cecily, nella serie di Buffy, qui, in questo video.
  • La poesia tratta dal volume di Michele Mari “Cento poesie d’amore a Ladyhawke”. Serial killer non è un termine in uso nell’epoca vittoriana, ma tradurlo per adattarlo non avrebbe reso allo stesso modo il senso della poesia, collegato alla situazione di William come amante respinto, e di Spike che, mantiene in questa storia, una predisposizione per un certo tipo di donna da “cacciare”, una donna che gli ricordi anche solo vagamente la sua Cecily.