Bumblebee: recensione

Di tutti i Transformers visti fino ad ora è sempre stato il beniamino dei più piccini; Bumblebee, il robot giallo che oggi diventa una fiammante Camaro, ma in origine altri non era che un modestissimo maggiolone, è ora protagonista di uno spin off tutto suo, cavalcando così l’onda di successo ottenuta dalla saga sui robot muta macchine diretta dal pirotecnico Michael Bay.

Con in veste di produttore quest’ultimo, il film Bumblebee quindi si presenta con l’intenzione di voler prendere una certa distanza, ridimensionando le cose e dando alla saga Transformers, e al franchise di giocattoli Hasbro nata negli ’80, una direzione più consona all’universo come molti ragazzini di trent’anni fa conoscevano fin troppo bene.

Sotto la direzione di Travis Knight, un nome legato soprattutto al mondo dell’animazione, nonché regista di un titolo come Kubo e la spada magica, questo spin off è ambientato nel 1987, una scelta che quindi mette nero su bianco su quanto sopra detto e che premette quella pura voglia di agguantare i valori cari ai cartoon originari dei Transformers.

A Cybertron impazza una guerra tra Autobots e Decepticons, ed Optimus Prime, capo dei primi, decide di mandare su un lontano pianeta uno dei suoi soldati, il giovane Bumblebee, scagliandolo quindi verso l’unico luogo possibile con un messaggio di salvezza.

Il posto scelto è la terra e caduto come un meteorite il cibernetico sopravvissuto tenterà la fuga, camuffandosi tra i veicoli del posto e divenendo per l’occasione un maggiolone giallo canarino.

Col tempo una ragazza si affezionerà al veicolo, lei è la giovane Charlie (la Haylee Steinfeld de Il grinta) e una volta in possesso del mezzo mobile si renderà conto con quale entità aliena è entrata in contatto; scoperta l’identità di Bumblebee tra i due scatterà una profonda amicizia, nonostante l’esercito, guidato dal temibile agente Burns (John Cena), stia dando la caccia al robot.

Ma cosa ancor peggiore, due vecchi nemici di Cybertron sono venuti a cercarlo e la guerra per il dominio dell’universo è appena cominciata, anche sul pianeta terra.

Tenuto Bay lontano dalla macchina da presa, consentendogli solo di mettere parola a fine riprese, Bumblebee è un’opera che respira piena fascinazione per quello che c’è dietro all’operazione cinematografica di tutti questi Transformers, prendendo a piene mani quegli anni ’80 che l’hanno resi celebri e acclamati dal regista Knight in tutto il loro sincero fascino, tramite rimandi musicali e una maggior fedeltà nel design dei robot protagonisti.

Infatti di buono qua c’è che a livello stilistico il film rispetta i canoni del cartoon all’origine, dandoci in formato cinematografico i vari Optimus Prime (da noi Commander) e simili come li abbiamo conosciuti a suo tempo, distinguendo finalmente su grande schermo i buoni dai cattivi (cosa che nei film di Bay mai si capiva, perché quasi tutti stilisticamente simili); ma con Bumblebee ci troviamo anche di fronte alla solita opera dell’alieno buono venuto dallo spazio, come già successe con E.T. – L’extraterrestre (non per nulla Steven Spielberg è produttore esecutivo), e dei valori che ci possono essere di mezzo in questa amicizia speciale, con una Steinfeld che rifà il verso (in meglio) alla Lindsay Lohan di Herbie il super Maggiolino, altro punto di ispirazione per questo lungometraggio.

Certo, nulla di originale alla base, anche perché il robot protagonista di Bumblebee qua si ripropone e viene mostrato come già successe nel primo film dei Transformers, salvo essere maggiormente sviluppato dalla creatività del regista Knight che si diverte ad incentivarlo di tante cose ironiche (il riferimento a Breakfast club) e di una colonna sonora anni ’80 comprendente pezzi dei Duran Duran, Rick Astley e The smiths.

Alla fine questo spin off riesce ad essere quel degno compromesso lontano dall’esagerazione visiva di Bay, non che sia esclusivamente un bene, ma una riduzione di caos è ben accetta in questa piccola, seppur spettacolare, escursione dei Transformers.

Mirko Lomuscio