“L’alchimia non è una semplice operazione chimica nel senso effettivo del termine, quanto piuttosto un procedimento filosofico di trasformazione”.
Carl Gustav Jung
Dare una definizione di alchimia, si può:
“Trasformare in oro i metalli vili”.
Trovare i sinonimi, anche:
“Opus Magnum”; “Arte Sacra”; “Crisopea”, e altri.
Ma entrare dentro a questi significati e percorrere tutto ciò che il termine alchimia sottende, è un’altra storia.
Ed è quello che fa Stefano Valente, con il suo Breve storia dell’alchimia edito da Graphofeel.
A partire dall’epoca tardomedioevale, la “Grande Opera” viene suddivisa in quattro fasi, dai nomi affascinanti, che già di per sé rimandano al mistero, a tempi lontani: Nigredo, Albedo, Citrinitas, Rubedo.
Come si immagina, il mondo dell’Alchimia è un mondo multiforme e Valente ne traccia ogni sfaccettatura.
Gli egizi e la loro antica sapienza che viene tramandata.
Concetti nomadi come gli stregoni del Medioevo.
Connotati che mutano, toccando il mistico, la religione, passando per il Rinascimento a Firenze, il Cabbalismo Cristiano con Pico della Mirandola, arrivando ad Agrippa e Giordano Bruno.
La medicina, con Paracelso che brucia i libri per distaccarsi dalla medicina aristotelica, prediligendo il metodo empirico, l’osservazione magica.
E a proposito di magia non posso far a meno di citare Nicholas Flamel e la Pietra filosofale, punto focale e che (ahimè) non può che rimandarmi a Harry Potter e alle puntigliose ricerche di Hermione Granger.
Ci avventuriamo come i profeti alchimisti nella Roma barocca del Seicento, venendo a conoscenza del “Cenacolo di Cristina di Svezia” e del “Collegio Romano”.
Il libro, così come l’alchimia e il suo percorso cronologico, sono in continuo divenire: dall’osservazione empirica alla smania enciclopedica di Athanasius Kircher.
Dalle stillerie e i laboratori alchemici alle società iniziatiche segrete come quella di Rosacroce.
Da Firenze a Roma, alla Germania.
Arriviamo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, a Isaac Newton, insieme collante e spartiacque tra i cosiddetti “figli di Ermete” e i nuovi scienziati.
E ancora, la rivoluzione irrazionale tra ottocento e novecento, dove la magia torna protagonista; l’astrologia e i tarocchi; la protopsicologia con Jung e il profondo, l’inconscio.
Insomma, leggere questo libro, dalle nozioni a tutto tondo e con una narrazione scorrevole e piacevole è stato come fare un viaggio.
Una metafora del viaggio dell’anima, un sogno dentro il sogno.
Come il libro, Hypnerotomachia Poliphili (Battaglia d’amore in sogno di Polifilo), pubblicato da Manuzio (Venezia 1499), opera di grande ricchezza.
Storia dalla trama complicata che narra di Polifilo e Polia che per me, riduce, se così si può dire, il tutto a un’unica immensa ricerca, che mi sento di aggiungere alla grande tela dell’alchimia: l’amore.
Erika Carta
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