Black Panther in dvd: recensione

Un giovane re, dopo la morte del padre, si ritrova a governare una nazione nel cuore dell’Africa. Ad intralciarlo sarà un suo sinistro parente, deciso ad ottenere ciò che gli spetta di diritto: il suo stesso trono.


A prima vista, potrebbe sembrare una storia simile a mille altre, ripropostaci da secoli ormai, da Amleto a Il Re Leone (che alla fine sono la stessa cosa).

Eppure Black Panther, film del 2018 di Ryan Coogler (Creed-nato per combattere), coi suoi 1,345 miliardi di dollari al botteghino, è diventato non solo il cinecomic incentrato su un singolo supereroe più proficuo di tutti i tempi, ma anche il nono film più visto nella storia del cinema.

E l’acclamatissima storia di T’Challa, giovane principe africano che si trasforma in un re e in un supereroe, dal 30 maggio, è disponibile in home video.

Ma com’è possibile questo suo inaspettato successo? Come può un supereroe così poco mainstream, entrato nel Marvel Cinematic Universe, così come nei fumetti, come personaggio secondario, aver ricevuto tanto hype e adorazione da parte di critica e pubblico? Può essere solamente il cambio di stile e il fatto che la Disney abbia voluto rendere questo suo film il più “politically correct” possibile? Non esattamente. O meglio, questo è uno dei motivi minori. Vi sono diversi motivi maggiori per spiegare la grande salita al trono di T’Challa.

-Bathos assente o estremamente ridotto: che cos’è il bathos, vi starete chiedendo. È quell’espediente cinematografico con il quale si annulla l’investimento emotivo dello spettatore in un momento drammatico grazie all’inserimento di una battuta al suo interno, per la maggior parte fuori luogo o inutile, solo per fini ludici (insomma, l’estremo opposto di pathos). Il bathos è da sempre presente nei film del MCU, diventandone un elemento quasi essenziale, soprattutto in Thor: Ragnarok, e ha fatto perdere la stragrande maggioranza dell’epicità e dell’investimento emotivo che avremmo potuto provare durante la sua visione. Ebbene, Black Panther, così come un altro film del MCU estremamente sottovalutato, Capitan America: Winter Soldier, non compie questo errore: riesce a prendersi sul serio, ad annullare completamente o a ridurre al minimo le battute, dette solamente in momenti adatti o non estremamente drammatici, riuscendo così a tenere alta la tensione. Il pubblico si identifica con certi personaggi e rimane in ansia per loro in ogni momento, senza aver per forza bisogno di scherzarci sopra. Visto il successo del film, si spera che il MCU diminuisca il bathos anche nei suoi prossimi film.

-Basse aspettative rese alte: quando venne annunciato questo film, in pochi ne rimasero entusiasti. Certo, T’Challa era il primo supereroe nero dei fumetti, ma era apparso inizialmente come personaggio secondario della testata dedicata ai Fantastici Quattro, quindi è nato come personaggio di contorno. Nessuno si aspettava troppo da uno come lui. E cosa abbiamo ottenuto, invece, una volta al cinema? Una già citata storia seria e matura, con personaggi ben caratterizzati, combattimenti coreografati in maniera eccellente, coinvolgenti e innovativi. E incredibilmente, con una delle migliori colonne sonore del MCU, che varia dal rap alle canzoni popolari africane.

-Cultura africana: Non è propriamente esatto dire che Pantera Nera sia il primo supereroe afroamericano comparso al cinema, ma diciamo la verità: è stato il primo ad essersi preso realmente sul serio. E non solo lui: anche le tradizioni e le credenze dell’africa subsahariana hanno una rilevanza importante in questa pellicola. Questo è un film creato e interpretato propriamente da afroamericani, e si percepisce per tutta la durata. Religione, folklore, usanze e persino architetture tipiche del continente nero sono impresse nel fittizio Wakanda, realizzato sia rispettando il fumetto sia con uno sguardo verso il futuro e le nuove tecnologie.

-Golden Jaguar: uno dei principali difetti del MCU è sempre stato il villain. Poco caratterizzato, messo nel film giusto per dare qualcuno con cui l’eroe debba scontrarsi. A parte qualche rara eccezione (Avvoltoio, Ego, Loki), fino a Black Panther non abbiamo mai trovato un antagonista per il quale abbiamo potuto anche solo in parte simpatizzare, o trovare quantomeno affascinante (Thanos non c’entra, dato che la sua caratterizzazione viene spiegata in Infinity War). Questo almeno fino all’arrivo di Erik Killmonger, interpretato dall’ex torcia umana Michael B. Jordan. Un cattivo tragico, con un build-up accattivante, che lotta per ciò che gli spetta di diritto, esiliato per una colpa non sua e che intende raggiungere, nonostante tutto, un buon fine ma con mezzi discutibili. E dulcis in fundo, con un theme accattivante capace di entrare immediatamente in testa di chi lo ascolta.

Per quanto riguarda i difetti, oltre alla trama poco originale e risentita già mille volte, vi è una CGI utilizzata in maniera eccessiva, che andando sempre più avanti, fino ad arrivare al climax finale, risulta finta in più scene. Non che stroppi o distragga totalmente dalla visione del film, ma si sarebbe tranquillamente potuto fare a meno di essa nella seconda metà, ed è un peccato, dato che nella prima è davvero ben realizzata.

Perciò, chiunque non abbia ancora visto questo film, non si faccia prendere dai soliti pregiudizi sui film Marvel mal realizzati o dalle aspettative troppo basse. Merita sicuramente almeno una visione.

Wakanda per sempre!

 

Andrea De Venuto

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