Beast: recensione

Il leone, il re della foresta, figura impareggiabile del mondo animale, nel mondo della cinematografia si è saputo ritagliare anche un doveroso spazio come creatura pericolosa, divenendo per la terra ferma quello che lo squalo (che sia spielberghiano o no) è stato per le acque del mare, un sanguinario animale a sangue freddo pronto a sbranare prede umane sotto tiro.

E’ successo in Spiriti nelle tenebre di Stephen Hopkins come anche in opere più di genere come il recente eco-vengeance Prey – La preda dell’olandese Dick Mass o il survival movie Prey – La caccia è aperta di Darrell Roodt, senza dimenticare il lontano, e da noi ancora inedito, Bwana devil di Arch Oboler e Robert Clampett che dal suo lontano 1952 può considerarsi il primo dei lungometraggi incentrato sulla minaccia di leoni assassini.

Oggi, 2022, è un’altra pellicola a riportarci tra le grinfie di un pericoloso re della foresta, appoggiandosi innanzitutto ad un plot che aleggia tra il primo Jurassic Park e il succitato Prey – La caccia è aperta; infatti, ambientato nelle terre africane come quest’ultimo titolo, Beast è la storia del medico ormai vedovo Nate Samules, interpretato dal lanciatissimo Idris Elba, il quale, dalla civiltà in cui vive con le sue due figlie Norah (Leah Jeffries) e Meredith (Iyana Alley), giunge nel mezzo della Savana per poter affrontare determinati ricordi legati alla sua defunta moglie, donna appartenente ad una tribù locale.

Ad accoglierli trovanol’amico di vecchia data Martin (Sharlto Copley), il quale li porta in una delle solite escursioni fatte nel mezzo della natura selvaggia; anche se amico dei leoni, quest’ultimo avverte tra le selve un pericolo minaccioso, sotto forma di predatore felino , pronto ad uccidere chiunque gli capiti a tiro.

Ormai bloccati con il proprio veicolo, Martin e le sue due figlie dovranno far sì di trovare la salvezza in qualsiasi modo, andando incontro alle dure leggi della natura e cercando di non entrare a far parte della catena alimentare del luogo.

Pellicola che non mostra neanche un briciolo di originalità sin dal suo esile plot, Beast, diretto dall’islandese Baltasar Kormákur di Everest e Cani sciolti, nell’andare avanti della sua visione non fa altro che alimentare questo vuoto creativo mostrando quanto di più prevedibile e già visto in tale ambito, portando dei semi di messaggio naturalista e antibracconaggio in una storia di genere che mette al confronto un uomo tormentato, reso da un Elba coinvolto quanto basta, e le sue figlie pre adolescenti, che dire poco simpatiche è dire poco.

Si ammira il fatto che Beast ha tutta l’intenzione di voler intrattenere lo spettatore con immagini ben giostrate, tra tesi piani sequenza e una CGI che ricrea i nostri leoni in modo veritiero, almeno finché ripresi per breve tempo, solo che lo script e la verosimiglianza di determinati momenti (esagerato lo scontro finale, si sconfina troppo nell’inverosimile) non aiutano all’economia del tutto, bloccando il valore di questo film al di sotto della media, con la pecca di ambire a molto più di quello che avrebbe dovuto dare.

E a conti fatti ci si trova davanti ad un qualcosa che miscela altri titoli accostabili per tematica e ispirazione (i già citati Jurassic Park e Prey – La caccia è aperta, ma anche il recente Rogue di MJ Bassett), senza neanche brillare minimamente di carattere proprio, nemmeno per un fotogramma, e senza lasciare un benché minimo brivido nei suoi mediocri risultati.

Mirko Lomuscio