Assassinio sul Nilo: recensione

Archiviata l’esperienza datata 2017 al cospetto della signora del giallo Agatha Christie, il regista e attore Kenneth Branagh si lascia alle spalle il successo di Assassinio sull’Orient Express e si getta a capofitto sul proseguo di questa immensa eredità letteraria, portando sui grandi schermi la prossima avventura del noto detective belga Hercule Poirot, da lui sapientemente interpretato; ecco quindi che è la volta di Assassinio sul Nilo, con la sua trama intricata nota a tutti qua ulteriormente rivisitata per costruire un lungometraggio ricco visivamente e, si spera, narrativamente, in modo da poter lasciare incollati alla poltrona con i suoi (ora ben noti) colpi di scena.

Gestendo un nuovo ricco cast in questa fastosa produzione (voluta tra gli altri del regista Ridley Scott, che risulta tra i finanziatori), Branagh sfoggia un altro vasto gruppo di attori noti, memore del lavoro già svolto col precedente capitolo (dove recitavano tra l’altro Johnny Depp, Michelle Pfeiffer, Penelope Cruz, Judi Dench e Willem Dafoe) e intento a voler aggiungere qualcosa di nuovo alla già osannata opera della Christie stessa.

Stavolta Poirot si troverà invischiato in una faccenda scottante sulle acque del Nilo, dove, invitato ad una traversata su nave, avrà a che fare con personaggi ambigui quanto interessanti come la ricca ereditiera Linnet Ridgeway (Gal Gadot) e suo marito Simon Doyle (Armie Hammer), i quali, oltre ad Hercule, ospitano in questa lussuosa crociera tutti i loro più cari conoscenti; Bouc (Tom Bateman) e sua madre Euphemia (Annette Bening), la cantante Salome Ottenbourne (Sophie Okonedo) e sua figlia Rosalie (Laetitia Wright), Mariew Van Schulyler (Jennifer Saunders) con al seguito la badante Bowers (Dawn French), Katchtadourian (Ali Fazal) e il dottor Windlesham (Russell Brand), la governate Louise Bourget (Rose Leslie).

Ospite inatteso Jacqueline de Bellefort (Emma Mackey), ex di Simon, la cui presenza getterà un velo d’ansia su Linnet.

Ed inevitabilmente ben presto un delitto viene commesso, dove tutti sono sospettati, e starà a Poirot scoprire la sconcertante verità e il colpevole di questo insano gesto.

Con una ispirazione vagamente più accentuata che nel film precedente e affidandosi nuovamente alla scrittura dello sceneggiatore Michael Green (Logan – The Wolverine, Blade runner 2049), Branagh regista, conscio dell’eredità cinematografica che già Assassinio sul Nilo si portava dietro (un bel film diretto da John Guillermin nel 1978), tenta di aggiornare lo scritto della Christie adeguatamente e riesce a creare un marchingegno denso di tensione e mistero con fare ben ritmato, giocandosi bene la storia arcinota di questo scritto e assestando quegli elementi moralistici di oggi (il razzismo, l’omosessualità) in modo assai velato, non troppo ingombrante.

Cosa buona poi è il fatto che si scelga di gestire il lato visivo con meno invadenza del lungometraggio venuto prima, certo sfondi in digitale e ritocchi del caso fanno sempre la loro scena e a volte stonano, ma almeno quello che c’è alla base, ovvero l’intrigo giallo con dovuta analisi dei personaggi presenti, rimane sempre ben in vista, in modo da poter coinvolgere anche lo spettatore più attento in una nuova rilettura della nota opera “christieana”.

Il vasto cast si presenta con le migliori intenzioni, poche note stonate come anche pregi non elevati a riguardo, Branagh in scena gigioneggia con fare cauto e si fa da parte quando deve, ed è cosa più che buona, il che riesce a rendere Assassinio sul Nilo un prodotto tutto da godere e seguire, anche più del suo predecessore new age.

Mirko Lomuscio