65: fuga dalla terra – Recensione

Nella fantascienza i viaggi nel tempo sono sempre stati un espediente per poter coniugare futuro e preistoria in un colpo solo, stando alle trame di alcuni prodotti del passato (basti pensare alla nota serie tv orientale Koseidon, per dirne una); anche l’ultima pellicola interpretata della nota star Adam Driver ora tenta di ricordarci tali principi, inscenando una storia futuristica in un’ambientazione che possa sfruttare la furia dei dinosauri.

Prodotto dal Sam Raimi de La casa e Spider-man e scritto e diretto dal duo Scott Beck e Bryan Woods, autori dello script dei due A quiet place, la pellicola 65: fuga dalla terra è un prodotto ricco di effetti speciali e tensione che sulla carta dovrebbe regalare una visione pregna di effetti CGI, memori della magnificenza tecnica di un Jurassic Park.

Pilota di un’imponente astronave che deve trasportare numerosi passeggeri in un lungo viaggio spazio temporale, Mills (Driver) saluta la sua famiglia, la moglie (Nika King) e la figlia (Chloe Coleman), per intraprendere questa ulteriore operazione e tornare quanto prima possibile.

Solo che la collisione con alcuni asteroidi costringerà il mezzo ad atterrare in un luogo sconosciuto, che ben presto sarà riconoscibile come il pianeta terra di sessantacinque milioni di anni fa, quando i dinosauri regnavano sovrani.

In questo contesto altamente pericoloso Mills, assieme ad un’altra sopravvissuta quale è la giovanissima Koa (Adriana Greenblatt), dovranno affrontare le minacce più insidiose e giungere in salvo quanto prima possibile, combattendo senza sosta con le carnivore e pericolose creature del posto, esseri preistorici dai denti aguzzi e un micidiale istinto assassino.

Presupponendo la prevedibile teoria che l’idea principale di quest’opera è quella di unire la fantascienza attuale con il mondo di Jurassic Park, 65: fuga dalla terra è un qualcosa che invece tende a voler abbracciare un po’ tutto quello che ha rappresentato il fulcro di queste pellicole, partendo anche da situazioni viste in opere come La terra dimenticata dal tempo e simili, ovvero mettendo personaggi di epoche post ‘900 al cospetto di un confronto con un’era selvaggia come quella paleolitica; il Mills di Driver è un uomo di un immaginario futuro prossimo e, armato di fucile laser, affronta ogni dinosauro che intralcia il suo cammino, che sia un velociraptor o un temibile T-Rex.

Ed il film di Beck e Woods si sofferma soltanto su questa piccola descrizione, non fosse che nella forzata prima parte tenta addirittura di tirare fuori una certa sensibilità emotiva, analizzando il rapporto padre/figlia che il Mills del buon Driver, qua messo alla prova in rocambolesche situazioni avventurose, approccia con la sopravvissuta Koa della giovanissima Greenblatt.

Non un film che brilla di originalità 65: fuga dalla terra, presentandosi solo come un’operazione che vacilla tra scappatelle nella selva più pericolosa e voglia di citare qualsiasi pellicola avvicinabile (sulle prime il contesto sembra ricordare After earth di M.Night Shyamalan), ma mostra almeno il buon gusto di aggirare la propria durata su poco più di novanta minuti, ed il ché almeno lo spinge a gestire un ritmo più serrato, infarcito di effetti speciali all’altezza della situazione e dinosauri CGI pericolosi che popolano la preistoria qua descritta (da notare che neanche una creatura erbivora viene mostrata).

Verrebbe da pensare che 65: fuga dalla terra sia una pellicola senza infamia e senza lode, anche se lo spessore poco sviluppato infine lascia intendere invece che la stessa infamia prende parecchio il sopravvento.

Mirko Lomuscio