Spider-man – No way home: recensione

Dopo varie gestazioni, attese e annunci seminati un po’ qua e un po’ là, ecco uscire nelle sale l’attesissimo sequel targato Marvel Spider-man: no way home, ovvero la terza avventura del “simpatico ragnetto di quartiere” che vede all’opera il team composto da Jon Watts regista e Tom Holland protagonista, un’accoppiata che con le avventure precedenti ha dato i suoi frutti a livello economico, aprendo di conseguenza le porte a ciò che ci viene mostrato in questo nuovo titolo.

Riprendendo il discorso da dove eravamo rimasti col precedente capitolo, Spider-man: far from home, qua troviamo Peter Parker (Holland) alle prese con la segretezza della sua identità, messa a nudo da un annuncio rilasciato dalla testata giornalistica guidata dal tenace J.Jonah Jameson (J.K. Simmons).

Questo avvenimento rischia di mettere in pericolo anche la ragazza di Peter, MJ (Zendaya), più sua zia May (Marisa Tomei) e il suo amico Ned (Jacob Batalon), creando una tragedia che ribalterebbe tutte le loro vite e le prospettive per il proprio futuro, come la candidatura ad una prestigiosa università.

L’unico rimedio a tutto ciò è chiedere aiuto al Dottor Strange (Benedict Cumberbatch), il quale potrebbe avere un incantesimo capace di rimettere le cose a posto, cancellando la memoria di chi conosce la vera identità di Peter.

Ma tale stratagemma si trasmoderà ben presto in una tragedia, richiamando nel mondo di Parker persone e nemici facenti parte di altri universi paralleli, portando Spider-man stesso alla caccia di minacce inattese e contemporaneamente al cospetto di alleati che mai avrebbe pensato di trovare al suo fianco.

Idea che già era stata testata e confermata col precedente film di animazione Spider-man: un nuovo universo, quella del multiverso in Spider-man: no way home si dimostra essere l’elemento di maggior presa in questo terzo tassello della trilogia Watts/Holland, giocando a proprio favore delle carte veramente vincenti che fanno del fan service un principio che arriva prima della qualità del film in sé.

Difatti in questa opera, la quale ci mette un po’ prima di costruire un degno svolgimento senza l’utilizzo di battutine e faccette buffe, non brilla di maestria narrativa, dato che la esile trama segue un canovaccio incentrato su una sorta di disastro ancestrale; è tutto un pretesto per aprire le porte dell’intrattenimento a quanto di più accessibile in fatto di nostalgia e devozione nerd nel regno cinematografico di Spider-man ci sia.

Detto questo, inutile ribadire che chi si accontenta di una vecchia rimpatriata con beniamini di tale universo sarà ben soddisfatto, tanto che non è il caso di anticipare neanche per iscritto ciò che vi aspetta qua; ma Spider-man: no way home non ha ben altro da mostrare, facendosi esclusivamente adorare come operazione nostalgie per gli amanti del mondo de l’uomo ragno, e alzando quindi di molto il tiro sull’utilizzo di vecchie glorie appartenenti a questa saga che va avanti dal 2002 in poi (ovvero da quel primo film diretto da Sam Raimi, e chi vuol capir capisca).

Insomma, osservando il lato buono del tutto, di operazioni come questo Spider-man: no way home in tutta sincerità poche se ne erano viste, solo che una gestazione più solida a livello di plot sarebbe stata più gradita, anche perché, così com’è, il lungometraggio di Watts sembra adagiarsi sul suddetto fattore nostalgia senza alcun impegno, portando poca gloria al film stesso, e lo fa senza portare molta accortezza ed attenzione ad altri fattori artistici del caso.

Mirko Lomuscio