Non sono quello che sono: recensione

Non è cosa nuova assistere alla trasposizione di un’opera di William Shakespeare su grande schermo, soprattutto se pensiamo a quei film che traspongono le versioni nude e crude degli scritti del noto bardo, rendendosi fedeli in ambientazione, epoca storica e dialettica.

Ma la cosa più particolare di un certo cinema che guarda al noto scrittore sono invece quei titoli che riadattano le sue storie per epoche più contemporanee al nostro presente, afferrando trame, personaggi e dialoghi intramontabili per operazioni che cercano di adattare tali storie a un cinema attuale; numerosi sono i titoli che arrivarono a tanto, se pensiamo a film come Romeo + Giulietta di Baz Luhrman, O come Othello di Tim Blake Nelson e Hamlet 2000 di Michael Almereyda.

Film che con l’espediente shakespeariano si permettevano di raccontare plot appartenenti a generi come il musical, il crime o anche il cinema adolescenziale e mischiarli alle idee del grande scrittore inglese.

Un ulteriore rappresentante di questa tendenza sembra essere ora l’attore Edordo Leo, che per la sua nuova regia guarda al noto The tragedy of Othello e decide di trarne un noir tutto italiano, ambientato in un poco raccomandabile sottobosco criminale; Non sono quello che sono è quindi la storia del noto “moro” di Venezia riportata in un’ambientazione capitolina dei primi anni 2000, dove le vicende dell’infido Iago (Leo), un criminale che fa il recupero crediti, si intrecciano con la vita del suo capo scuro di pelle Otello (Jawad Moraqib) e della moglie di quest’ultimo, la giovane Desdemona (Ambrosia Caldarelli), messi nel mezzo di un contesto dove gelosia, odio e rancore si inseguono di momento in momento, perché c’è chi trama nell’ombra cercando di portare in tragedia l’amore tra due persone legate.

Iago, che odia Otello dal profondo della sua anima, architetta un modo per portare il proprio capo sull’orlo della follia, spingendolo verso il peggiore dei delitti.

Cosa da dire innanzitutto nei riguardi di un’operazione come questa è che già non troppo tempo fa, nel 2009, il cinema italiano aveva trasposto la tragedia di Otello in ben altri generi come il teen movie, tramite quello Iago diretto da Volfango De Biasi ed interpretato da Nicolas Vaporidis e Laura Chiatti.

E visti quei determinati risultati non proprio eccelsi, era già chiaro che portare Shakespeare in certi ambiti del tutto italiani non era proprio un’idea benefica; ma Leo, ignaro di tutto ciò o magari preso da un forte senso di sfida, non dà alcuna importanza a questo dettaglio e decide di portare al cinema la sua versione di Otello, scrivendo di sana pianta una trasposizione adatta e rischiando in prima persona il tutto e per tutto.

Ma Non sono quello che sono non è in fin dei conti una scommessa che possa dirsi vincente, perché il film, nonostante la buona volontà e la voglia di adattare Shakespeare al cinema crime italiano di oggi, ha nella sua narrazione una sorta di mancanza creativa nella costruzione degli eventi e nello sviluppo della trama in sé, mostrando il fiato corto sia nei dialoghi improbabili messi in bocca a questi personaggi capitolini che nella regia stessa priva di grandi guizzi creativi, anzi la noia regna abbastanza sovrana qua, in più di qualche momento.

Leo regista punta tutto sulla direzione degli attori in sé, ma non basta per rendere accattivante l’operazione che si cela dietro a Non sono quello che sono, perché va bene i connotati teatrali che ci sono nella natura dello scritto originario, ma fagocitarlo nella moderna poetica del forzato noir criminale non è una scelta che riesce a dargli degna giustizia.

Anzi sminuisce parecchio l’operato shakespeariano che motiva l’intera operazione.

Mirko Lomuscio