La stagione arida di Minerva Jones: recensione

Francesca Borrione torna in libreria con un romanzo avvincente e affascinante; un libro che spacca il cuore. Stiamo parlando de La stagione arida di Minerva Jones che narra le vicissitudini di Minerva, una ragazza di diciassette anni, con gli occhi grigi come suo padre, taciturna e solitaria. Una creatura fragile e sensibile che veste abiti più grandi di lei, fuori moda, e che cammina nei suoi consunti stivali bordeaux, ai margini di un paese e di una vita con cui non è più in sintonia. Come la Minerva Jones di Lee Masters è assetata di amore e di vita, ma niente sembra essere adatto a lei, tranne le beffe che si fanno gli altri, William e Albert primi fra tutti.

Quando, dopo l’estate, torna a casa da suo padre, però, qualcosa cambia e il destino diventa imprevedibile e scostante. Tenace come un fiore che affonda le radici nel terreno più ostile, e si nutre delle gocce di rugiada che può rubare a dispetto del mattino grigio e freddo, Minerva ha un’importante lezione di vita da dare a tutti, stipata nei suoi silenzi: se «le persone sanno soltanto quello a cui vogliono credere», l’amore è più forte di tutto. E lo merita anche lei.

Ed è proprio partendo dalla poesia tratta da Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, che Francesca Borrione costruisce un personaggio umanamente magnetico e liricamente dolente.

Minerva non è per la massa. I suoi pensieri più profondi vengono nascosti ai più che la etichettano come strega, come pazza. Infatti, «come la Hester de La lettera scarlatta. La “P” di pazza era cucita sui vestiti, incisa in fronte, impressa sul cuore» e proprio come gli epitaffi dei morti di Spoon River, le sue intime riflessioni sono lo specchio della sua individualità calpestata spietatamente dalla società, sono la sua meravigliosa immortalità.

Di tutto questo se ne renderà conto William, quando capirà che «la pazza della città, additata dalla gente come una pericolosa strega, una ragazza ritardata e, in quanto fuori di testa, imprevedibile, possedeva una voce e i suoi pensieri avevano un’intonazione».

Quando nel suo petto maturerà un sentimento nuovo, forte e inaspettato, William comprenderà a pieno la vera natura di Minerva e che spesso e volentieri la diversità incute timore e che di conseguenza la paura è figlia dell’ignoranza.

Lo stile del romanzo è ispirato, a tratti commovente. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e sfilano con le loro verità, menzogne e ingiustizie. E se all’inizio ci ritroviamo dinanzi a una Minerva silente e a un William strafottente, il loro percorso formativo ed emotivo li porterà a crescere come esseri umani, a prendere atto dei loro sentimenti e a essere testimoni di un piccolo prodigio, a dispetto delle credenze e superstizioni altrui, perché la vita e il fato, lasciano sempre «accadere l’indicibile».

 

Silvia Casini

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