Verso la metà degli anni Ottanta il compianto Giuliano Montaldo decise di trasporre su grande schermo Gli occhiali d’oro, opera letteraria scritta nel 1958 da Giorgio Bassani.
Una produzione che, disponibile su supporto dvd grazie a Mustang entertainment, suscitò nel 1987 l’interesse da parte di altre nazioni europee quali la Francia e la Jugoslavia, che insieme all’Italia misero in piedi un’operazione di tutto rispetto mescolando volti noti del nostro cinema e di quello estero: Philippe Noiret, Rupert Everett, Valeria Golino, Stefania Sandrelli e Roberto Herlitzka sono infatti i principali attori coinvolti.
Nella Ferrara del 1938, sotto il regime fascista, il giovane studente Davide Lattes (Everett) è figlio di una ricca famiglia ebrea e timoroso dell’epoca che sta vivendo, a differenza dei suoi parenti che sono più che ottimisti.
Il ragazzo è conscio del fatto che qualcosa di nefasto stia per abbattersi sulla sua razza e i suoi familiari, perché il regime politico attuale manifesta sempre più atteggiamenti d’emarginazione nei confronti di persone appartenenti ad una minoranza.
Tra questi vi è il medico Athos Fadigati (Noiret), un uomo colto e maturo, nonché omosessuale, di cui Davide fa la conoscenza riscontrando in lui più di una drammatica similitudine emotiva, dato che l’uomo, visto il contesto, vive anche una complicata storia sentimentale con il giovane Eraldo (Nicola Farron).
Inoltre Davide vive sulla propria pelle anche la tormentata storia d’amore con la giovane ebrea Nora Treves (Golino), purtroppo legata ad un gerarca fascista da un matrimonio obbligato dalle conseguenze politiche e sociali del momento.
Mantenendo dunque quell’occhio critico verso un’epoca che ha descritto in passato in più di un’occasione (Tiro al piccione, L’Agnese va a morire, Tempo di uccidere), tramite Gli occhiali d’oro Montaldo espone nuovamente la sua idea a proposito di cosa significhi la mancanza di libertà e di una pura conoscenza, realizzando un’opera che accentua la minuziosa descrizione narrativa di un autore sempre attento ai contesti storici raccontati.
Aiuta il tutto il delineamento dei personaggi coinvolti, resi alla grande da un cast – comprendente inoltre un Luca Zingaretti esordiente – pieno di attori affiatati (un delicato Noiret, un giovane Everett, una Golino altrettanto alle prime armi, una maligna Sandrelli, un Herlitzka professore di mezza età) e degnamente tratteggiati da uno script calibrato, steso dal regista stesso insieme a Nicola Badalucco e Antonella Grassi, nonché estratto da una sceneggiatura originale di Enrico Medioli e Valerio Zurlini.
Inoltre la cura scenografica e dei costumi fa sì che Gli occhiali d’oro sia anche visivamente accattivante, coadiuvato dalla fotografia del grande Armando Nannuzzi e mostrando una degna ricostruzione dell’epoca atta a traportare lo spettatore nel mezzo di un dramma storico senza precedenti meritatosi quattro candidature ai David di Donatello (vincendo però solo quello per la colonna sonora a cura di Ennio Morricone).
Mirko Lomuscio