Black bag – Doppio gioco: recensione

Regista sempre in cerca di nuove ispirazioni, per poter dimostrare eventualmente ulteriori sguardi che possano affrontare qualsiasi genere cinematografico, il premio Oscar Steven Soderbergh torna ora sui passi del genere spionistico, un po’ come ha già fatto in altre occasioni nel passato (Intrigo a Berlino, The informant!, Knockout – Resa dei conti), affidandosi nuovamente ad uno script steso dall’acclamato David Koepp (Jurassic Park, Spider-man, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo), dopo le due recenti occasioni Kimi e Presence.

Utilizzando un cast di prim’ordine, composto da Michael Fassbender, Cate Blanchett, Tom Burke, Marisa Abela, Ragé-Jean Page, Naomie Harris e Pierce Brosnan, questo Black bag – Doppio gioco è quindi un prodotto che smuove le proprie trame nel mezzo di un’organizzazione governativa inglese, dove svolgono la propria attività il pugno di protagonisti coinvolti.

Due di loro sono la coppia composta da George Woodhouse (Fassbender) e Kathryn st. Jean (Blanchett), legati da molto tempo e sempre molto attenti a livellare la propria professione con la vita privata.

 

L’operazione Severus però mette ben presto alle strette il loro rapporto, dato che George, a fronte di una imminente minaccia per il proprio paese, si trova a dover sospettare di chiunque in questo caso; infatti oltre ai colleghi Freddie Smalls (Burke), Clarissa Dubose (Abela), James Stokes (Page) e Zoe Vaughan (Harrris), anche Kathryn stessa risulta essere una potenziale spia nemica, lasciando sì che George possa scegliere quale posizione prendere di fronte a questa difficile situazione.

Ovviamente non attratto dal lato dinamico estetico del genere spionistico, ma più da quello interiorizzato e emotivo del caso, Soderbergh con Black bag – Doppio gioco, come è solito fare nel suo cinema, cerca di allontanarsi ideologicamente dal concetto del genere che sta trattando e lo immerge nel suo usuale linguaggio sperimentale, capace di spiazzare lo spettatore con scelte narrative non proprio ben adeguate al tipo di spettacolo promesso.

 

Con Black bag – Doppio gioco ci troviamo quindi di fronte ad un film che sinceramente non ha proprio voglia di decollare con chissà quale colpo di scena, districandosi in una serie di dialoghi infiniti e confronti a viso aperto che alla lunga possono anche annoiare lo spettatore, seppur nel mezzo si stiano mostrando dettagli importanti.

Soderbergh quindi continua imperterrito con il suo cinema non convenzionale, poco incline ad assecondare la funzione di un genere per come è stato concepito da principio e deciso a spiazzare con scelte narrative altamente soggettive, ovviamente curando di persona sia fotografia (sotto pseudonimo Peter Andrews) che montaggio (sotto pseudonimo Marie Ann Bernard).

Credono in questo metodo di regia gli attori stessi, dove vediamo primeggiare un Fassbender glaciale e una Blanchett altrettanto impassibile, entrambi molto presi da questa spy story imprevedibile nella forma ma comunque abbastanza basilare sulla carta, come sempre con gli script di Koepp.

Insomma Black bag – Doppio gioco è un altro appuntamento per gli amanti dello stile di Soderbergh, si astengano invece gli amanti dello spionistico estremo, ad aspettarli qua c’è solo pura noia narrativa.

Mirko Lomuscio