Giurato numero 2: recensione

Alla veneranda età di ben novantaquattro anni Clint Eastwood continua senza freni il proprio percorso di regista, mettendo mano ad un’ulteriore pellicola che possa dimostrare come la sua professionalità e voglia di raccontare non si fermi neanche di fronte a determinati limiti di età.

Ed è puntando al genere giudiziario che il buon “texano dagli occhi di ghiaccio” intende dimostrare altrettanto, cercando di portare lo spettatore al cospetto di un altro lungometraggio ambientato in aule di tribunale e processi, come già avvenne tra l’altro nei passati titoli Mezzanotte nel giardino del bene e del male e Fino a prova contraria.

Giurato numero 2 è quindi una vicenda che mette sui lati della stessa medaglia innocenti e colpevoli, ponendoli di fronte ad una trama avvincente che ha per protagonista il giovane Nicholas Hoult di Mad Max: fury road e di About a boy – Un ragazzo; lui è Justin Kemp, un ragazzo che sta per diventare padre e che, assieme alla compagna Allison (Zoey Deutch), non ha altra intenzione che costruire un futuro roseo per la sua famiglia.

Chiamato a svolgere il dovere di giurato per uno scottante caso di omicidio, Justin, man mano che seguirà le vicende di questo processo, porterà alla luce della propria memoria un vago ricordo di ciò che accadde quel giorno del crimine, avvenuto nel medesimo luogo dove si trovava lui.

E se l’uomo accusato di quell’omicidio non fosse colpevole? E se la verità di cui è a conoscenza Justin fosse l’unico modo per scagionarlo?

Innumerevoli sono gli interrogativi che assaliranno il giovane giurato, il quale dovrà fare una scelta decisiva per il bene della sua famiglia e di chi è veramente innocente.

Costruendo un marchingegno che vive di linguaggio classico e che scava nell’animo umano dell’uomo comune, Eastwood torna con grande ispirazione per mettere in scena uno script ben delineato, a cura dell’esordiente Jonathan Abrams, e che sostiene totalmente la storia di Giurato numero 2; un film che non solo si limita a raccontare una tesa trama giudiziaria, ma è anche un’opera che parla di coscienze e animi corrotti, e lo fa con una buona dose di professionalità.

Una professionalità che al buon Clint sappiamo non manca, ed in questo suo ulteriore testamento registico lo dimostra altamente, portando la narrazione ad un livello classico con cui ci ha sempre abituati, tra personaggi forti e ben innestati, come l’avvocato d’accusa Faith Killebrew di Toni Collette e il giurato detective Harold di J.K. Simmons, e momenti di scrittura che riecheggiano a punti di riferimento inevitabili come La parola ai giurati di Sidney Lumet, titolo che per logica ragione viene chiamato in causa, e ad altri più sorprendenti, come un certo riecheggiare a Soldi sporchi di Sam Raimi (anche là si parlava di un neo-padre alle prese con scelte al limite della legalità).

L’unica cosa è che, essendo un’opera che vive di regia classica e di un altrettanto utilizzo classico della descrizione dei personaggi, Giurato numero 2 magari non fa il grande salto di elevarsi a capolavoro, cosa che sarebbe potuto anche avvenire se Eastwood avesse osato in determinati punti; ma assistere oggigiorno ad un film del genere che riesce a tenere incollati per ciò che racconta, senza esagerazioni di sorta in messe in scena e ambizioni registiche inappropriate, è pur sempre un grande piacere, come è anche un grande piacere notare che un vecchio “leone” quale è il noto ex interprete dell’ispettore Callaghan sia sempre in vena di regie nuove, in barba all’età che avanza.

Mirko Lomuscio